Cultura

Carlo III e la condivisione prima di Internet: mostra a Napoli, Madrid e Città del Messico

Non c’erano Facebook, nè Twitter, nè Instagram, ma Carlo III di Borbone, il sovrano illuminato che fece di Napoli la capitale del Regno delle Due Sicilie, voleva condividere e documentare ogni scoperta che veniva alla luce duranti gli scavi vesuviani convinto che la conoscenza del mondo antico avrebbe facilitato la crescita culturale. Comunicatore «ante Internet», trasformò la sua passione per le antichità in strumento di propaganda del suo regno e delle sue virtù attraverso mezzi di diffusione all’epoca all’avanguardia. Chiamò a Napoli i migliori disegnatori e incisori d’Italia per illustrare nei preziosi volumi dedicati alle Antichità di Ercolano esposte stampati a Portici sotto la supervisione del fido Bernardo Tanucci, ogni oggetto recuperato dalla polvere. Vennero trasformati in incisioni a stampa gli affreschi di Pompei e i bronzi della Villa dei Papiri, per disegnare i quali gli illustratori chiesero dei calchi in gesso, perfino i disegni di Vanvitelli della Reggia di Caserta. Prova a raccontare questa attività di comunicatore la mostra «Carlo di Borbone e la diffusione delle Antichità» organizzata dal Museo Archeologico Nazionale in sinergia con l’Accademia Reale di Belle Arti di San Fernando di Madrid e la Facoltà di Arte e disegno di Città del Messico. La mostra si inaugura domani al Mann – con la partecipazione di Carlo di Borbone – (fino al 16 marzo 2017) e nelle due esposizioni «gemelle» di Madrid, con i calchi di gesso, e Città del Messico dove invece saranno visibili i disegni ottenuti dai calchi che purtroppo sono andati perduti.

A Napoli il cuore della mostra curata da Valeria Sampaolo sono alcune delle duecento matrici in rame della stamperia Reale restaurate (il museo ne conserva cinquemila) esposte insieme a dipinti, disegni, incisioni, sculture, affreschi, documenti storici e oggetti rari. Una sessantina di opere, con alcuni prestiti da San Martino e dal collezionista Guido Donatone. La prima sezione restituisce attraverso la sua iconografia l’immagine del sovrano che oltre l’arte e l’antichità amava anche la caccia. La successiva è dedicata alle attività di scavo nelle città vesuviane con l’esposizione, o il rimando, agli originali più famosi scoperti fino al 1759 e che il sovrano certamente vide. Come i due busti sconosciuti ritrovati in magazzino e che adesso possono dirsi con certezza ercolanesi. Infine la sezione dedicata all’attività della Stamperia, in cui le matrici in rame restaurate sono esposte insieme all’originale e alle prove di stampa, con quelle enormi della dichiarazione di Vanvitelli e dei capolettera da lui disegnati per i volumi delle Antichità, un documento unico e straordinario che all’epoca rappresentò un punto di riferimento fondamentale. La mostra si chiude con la partenza di Carlo III per la Spagna dove nel 1765, preso dalla nostalgia per tutti quei meravigliosi «pezzi» che aveva lasciato a Napoli nell’edificio di via Foria chiese gli fossero spediti almeno i calchi, che poi regalerà all’Accademia, e che da mercoledì saranno in mostra a Madrid.

Il visitatore avrà la possibilità di avere uno sguardo d’insieme a tutte e tre le esposizioni – per l’inaugurazione è previsto un collegamento streaming – grazie a ricostruzioni in 3D, restituzioni ad alta definizione e realtà virtuale. Dopo l’intesa quadriennale con l’Ermitage di San Pietroburgo, l’accordo con Exhibitions International per la mostra itinerante negli Stati Uniti «Pompeii. The Exibition», e la convenzione con il Getty Museum di Malibu, la mostra, sottolinea il direttore del Mann Paolo Giulierini è una nuova «tappa per la crescita del nostro istituto» che superando ogni aspettativa raggiungerà ques’anno i 500mila visitatori, il 30% in più del 2015, traguardo che era stato fissato per il 2019. «Con questa nuova mostra – esulta l’assessore alla Cultura del Comune Nino Daniele – Napoli si conferma capitale culturale e turistica d’Italia».

fonte ilmattino

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