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Caste e castighi. Il dito nell’occhio. Le chiavi di lettura del nuovo libro di Ciambriello

Le sezioni di una volta erano le antenne della politica sul territorio. Ha esordito con queste parole Samuele Ciambriello, alla presentazione del suo libro presso la sede di Capodimonte (Napoli) dell’Associazione Rosso Democratico. Un’affermazione che identifica apertamente il luogo in cui si è svolto l’incontro di venerdì, coordinato da Simona Brandolini, con la partecipazione di Antonio Bassolino, Vincenzo Acampora e Mario Festa. Ma un’affermazione che descrive chiaramente anche i contenuti del libro. L’attualità, l’interesse per i territori e la devozione verso una politica a favore dei cittadini e delle fasce deboli: sono queste infatti le tematiche principali trattate da Ciambriello in “Caste e castighi. Il dito nell’occhio”, il suo ultimo lavoro editoriale siglato Guida.

Questo libro – ha dichiarato Ciambriello – pone l’attenzione sul bene comune. L’enciclica di papa Francesco si chiama “Laudato sii” ma nel sottotitolo riporta l’espressione “Riflessione sulla Terra per il bene comune”.  Ora, un’elezione amministrativa è complessivamente politica e una stessa politica deve essere vista come bene comune. Attraverso queste pagine – ha continuato l’autore – ho messo il “dito nell’occhio” a tanti episodi, ma già lo scorso anno dicevo che non è un peccato mortale far decidere alle persone. Un Paese democratico dovrebbe usare di più gli strumenti democratici e di partecipazione e le “Primarie belle e laiche”, come le chiamo io nel mio libro, fanno bene soprattutto al recupero della fiducia e al bene comune.

E ancora, nel suo discorso Samuele Ciambriello ha ricordato Pietro Ingrao sul connubio tra massa e potere, facendo riferimento alla necessità di fare politica facendo riferimento alle persone che non vedono i politici e la politica come una casa di vetro. Un buon politico – ha affermato Ciambriello – si misura dalla capacità che ha di incarnare le esigenze del territorio e il territorio stesso. Un tempo, nella politica fatta per passione, si partiva dal territorio municipale, per poi diventare consigliere comunale, consigliere regionale per poi arrivare a Roma. Alcuni politici di oggi invece, sanno andare soltanto a Roma e non hanno mai vissuto il territorio.

Il filo conduttore del libro è soprattutto l’attenzione rivolta alla classe povera.

Il filo conduttore – ha ribadito l’autore – sono sì i poveri, ma non i poveri da assistere, sono i poveri da liberare dai bisogni e dall’oppressione. In Italia, soprattutto nel Mezzogiorno, non si fanno più figli perché si è estremamente poveri. Se il governo da un contributo alle famiglie povere, la stessa famiglia a Napoli percepisce circa 86 euro, nel settentrione ne riceve ben 480. C’è disparità anche tra famiglie povere w questo perché purtroppo nel governo di Renzi non c’è nessun rappresentante del Mezzogiorno. 

I temi trattati in “Caste e castighi” sono tutti verbi e sostantivi che attengono al nostro umano. In alcuni casi rompo l’unità e l’omogeneità del reale, della vita, delle persone utilizzando l’indignazione e il coraggio, come figli della speranza. Mostro in questo libro tascabile mie diverse anime, o i miei diversi percorsi professionali e di vita. Quella del giornalista che fotografa in bianco e nero, anche a costo di farsi nemici o di non fare carriera. Quella del testimone che ha vissuto in prima persona e quindi rivive con l’esperienza, fatti e misfatti delle “caste”. E quella del narratore che in sei mesi cerca di dare, con un po’ di fantasia, un andamento dialogico con lettori ed amici. A volte ci sono anche gli incipit brutti, mal riusciti, troppo emotivi. Senza ambizioni letterarie, questo libro è una sorta di terza pagina, che commenta la notizia trovata nel flusso dei fatti del giorno. Lo spazio è breve, è quello che è. È come dire cose essenziali in tre minuti. Così Samuele Ciambriello nella sua nota introduttiva al testo.

 

 

 

 

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