Cultura

Ciambriello presenta il suo “Caro prof. ti scrivo” ai detenuti del carcere di Poggioreale

Sogni, speranze, ansie, preoccupazioni, rimorsi, rimpianti. È un mix di tutto questo e non solo la raccolta di lettere al professore di religione, “Caro Prof. ti scrivo”, curata da Samuele Ciambriello, docente, giornalista e garante dei diritti dei detenuti della regione Campania, e Giuseppe Ventura, giovane studente.

Decine di ragazzi delle scuole secondarie che, attraverso un foglio bianco e una penna, hanno messo a nudo la parte più fragile del proprio animo, quel pezzo di cuore che si concede soltanto a chi sa prendersene cura, senza giudicare, ma pronto a tendere una mano.

Chissà cosa succederebbe, allora, se quella stessa possibilità, offerta a degli adolescenti, nel punto, quindi, più sensibile e delicato del proprio processo di crescita, fosse concessa a coloro che oggi riconoscono in Ciambriello un messaggero di quelle che sono le proprie istanze, le proprie necessità, e perché no, i propri sogni, speranze, ansie, preoccupazioni, rimorsi, rimpianti. Come per quei ragazzi ancora tra i banchi di scuola.

Ieri, presso il Carcere di Poggioreale, con trentadue detenuti dei padiglioni Genova e Firenze, il Direttore della nostra rivista, Linkabile.it, accompagnato dalla Direttrice dell’Istituto, Maria Luisa Palma, ha discusso del contenuto del suo ultimo libro, interrogando – direttamente e non – i protagonisti delle sue nuove battaglie a venir fuori alla pari dei propri studenti.

«Mi colpisce la parte in cui si parla degli errori fatti e del fatto che per quanto si cada ci si possa sempre rialzare», il commento di Luca. «Dai temi di questi ragazzi ho imparato che non bisogna dare nulla di scontato», dice Strato, a cui segue Sergio: «Il mio futuro è quando ritornerò a casa e riprenderò la mia vita in famiglia». O, ancora, nelle parole di Sebastiano: «Aprirsi, nella solitudine di una pagina è difficile: ci si mette a nudo e si scommette anche sugli altri».

Una sfida tutt’altro che semplice per chi sa di aver sbagliato e oggi vede lese, oltre alle proprie libertà, anche molte delle componenti che caratterizzano la dignità dell’essere umano. Se anche a questi ragazzi, uomini, padri, fosse stata concessa la possibilità di confrontarsi con una guida, in quanti avrebbero imboccato la stessa strada che li ha condotti dietro quelle mura invalicabili?

È questo il leitmotif su cui l’intera mattinata si snoda, scivola via, offrendo spunto – perché no – proprio per una prossima, nuova raccolta di testimonianze. Non si leggerà, forse, di cuori spezzati, di amori inconfessabili, di talento inespresso, e chiacchiere vuote con i genitori. La voglia di cambiare il proprio destino e di tornare indietro, come su un’improbabile macchina del tempo, come dimostrano gli interventi sopracitati, la farebbero da padrone, ma anche un concetto apparentemente tanto semplice come il futuro, che ai detenuti sembra non poter appartenere, si riaffaccerebbe oltre le sbarre che li separano dal domani, oltre i soprusi, oltre le celle affollate, oltre le brevi visite coi familiari.

Entusiasta dell’iniziativa anche la direttrice, Maria Luisa Palma: «Ci avete emozionato, con le vostre parole e il vostro percorso che significa che avete letto e interiorizzato il libro di Samuele e i temi in esso contenuti». «Ciò che è importante – aggiunge Ciambriello, in conclusione – è imparare a guardare con una prospettiva diversa, per leggere negli occhi dell’altro».

Se il passato fa parte del proprio bagaglio, come ben illustra il Garante nel suo “Caro Prof. ti scrivo”, il futuro dev’essere lasciato libero di scriversi, uguale in ogni misura per chiunque. Proprio come per una semplice lettera. Perché, a volte, un foglio bianco e una penna, una voce e una mano tesa, possono cambiare persino un destino che sembra già scritto.

Alessandro Campaiola 

 

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