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De Laurentiis e le frasi di alcuni colleghi che lo hanno ferito

De Laurentiis e le frasi di alcuni colleghi che lo hanno ferito

Ora che tempo ce n’è, perché la quarantena ne concede, i pensieri spettinati vanno a riempire l’insolita mattinata, da «leone in gabbia»: e vabbè che quel giardino pensile, adagiato tra il Quirinale e il Campidoglio, lascia la possibilità allo sguardo di perdersi sui tetti di Roma, però a quell’ora, in genere, ne son successe di cose e il suo mondo s’è aggrovigliato tra la celluloide o in pallone di cuoio, scivolando freneticamente nel caos calmo che a De Laurentiis piace tanto. Stavolta no, però almeno non c’è neanche più da preoccuparsi: niente febbre, nulla che agiti compostamente, solo il lento scandire del cronometro che sa tanto di anormalità. Ci sono un paio di migliaia di messaggi e di WhatsApp a cui rispondere e alle 7.45, quando parte il primo dei «grazieeee, Aurelio», quel macrouniverso frastagliato, che un po’ l’ha inquietato, assume amabili contorni, da condividere – con distanziamento sociale – con sua moglie Jacqueline.

De Laurentiis, nottata senza febbre

È volata via una notte di sereno isolamento e il Covid, il perfido nemico che l’ha colto in contropiede, va ora debellato seguendo i protocolli della medicina che alle cinque della sera, prima che cominci Napoli-Pescara, sparge intorno a De Laurentiis, con il consulto dei medici del Gemelli, altra (apparente) tranquillità. Perché dentro, c’è un uomo che qualche ferita se la porta appresso – per esempio giudizi caustici, una severità colta qua e là e persino un’etichetta da quasi untore – e la richiesta avanzata da un paio di colleghi di far intervenire la Procura Federale, pure quella ha fatto male, quanto le frasi del virologo Crisanti. Il telefono accorcia le distanze, azzera le barriere e un paio di chiacchierate con Oreste Vigorito, il presidente del Benevento con il quale, mercoledì, ha condiviso il viaggio di ritorno da Milano sull’aereo privato, dà un senso a quel silenzio che l’avvolge. Poi, aspettando che passi del tutto, e che il virus resti solo uno sgradevole ricordo, bisogna ripartire, sentendo Gattuso e Giuntoli e gli amici più stretti, quelli del cinema e anche del calcio, e non starsene a osservare il vuoto.

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