Cultura

Dibattito sul carcere al ristorante Il Poggio. Ciambriello: “Bisogna liberarsi dalla necessità del carcere, poi quando proprio non se ne può fare a meno, dobbiamo coniugare la certezza della pena con la qualità della pena”

“Mi sono interessato al carcere negli anni 80’, la fede laica mi ha aperto la strada. Secondo l’articolo 27 della Costituzione italiana in carcere le pene servono a rieducare, così ho raccolto le storie di molti carcerati per poterle raccontare e oltrepassare le mura dell’indifferenza.”  Samuele Ciambriello, garante dei detenuti della regione Campania, ha così presentato la sua ultima pubblicazione “CARCERE“ presso “Il Poggio”, un ristorante, nato dal progetto di Gesco, un gruppo di imprese sociali costituitosi nel 1991 che svolge attività imprenditoriali senza perseguire fini di lucro.  Ciambriello racconta di una battaglia, che non può essere fatta da una singola persona, ma una sfida civile. Fatta non di eroi ma di persone impegnate nella lotta per la dignità delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà.

Così il presidente di Gesco Sergio D’Angelo: “Anche il ristorante Il Poggio, nato da un progetto di rigenerazione urbana e sociale del gruppo di imprese sociali Gesco da quello che era un ex opificio abbandonato in un quartiere caratterizzato da degrado e conosciuto nella periferia est di Napoli solo per il carcere e il cimitero, ha fatto la sua parte offrendo un’opportunità di lavoro a 40 giovani a rischio e a detenuti minori e adulti che oggi lavorano con noi”. Ha poi illustrato i progetti che il gruppo Gesco realizza nel carcere di Poggioreale (Progetto IV Piano) e in quello di Secondigliano (impianto di compostaggio), che vanno nella stessa direzione.

Tanti i temi trattati durante la presentazione,  moderata dalla giornalista Elena Scarici, sono intervenuti, tra gli altri, il portavoce della conferenza nazionale dei garanti regionali e locali Stefano Anastasia, la docente universitaria Anna Malinconico, il cappellano del Carcere di Poggioreale Don Franco Esposito.

Con il loro intervento hanno raccontato storie di vita, testimonianze di come si vive all’interno delle mura di un carcere e come ci si sente ad aspettare e sperare di avere una seconda possibilità. Cosimo Rega, ergastolano semilibero ha così raccontato: “Io sono un ex camorrista. Detenuto rinchiuso da 41 anni. Le carceri oggi in Italia sono un male necessario perchè devono correggere chi commette un reato. Il carcere evita la vendetta ma allo stesso tempo è un male perchè deve includere un uomo che ha scontato la sua pena ma che viene mortificato. Chi va in carcere non è istruito, non conosce la cultura se non quella criminale, la criminalità organizzata è cultura e la si combatte con la vera cultura non la repressione. Il carcere è il luogo dove vengono stravolti i valori, l’uomo entra carnefice e diventa vittima. Ho fatto lo sciopero della fame perchè non volevo imbruttirmi, volevo essere ascoltato, ma volevo scontare la mia pena in carcere. Sono una persona fortunata perché ho avuto una famiglia dietro. La peggiore sentenza l’ho avuta da mia moglie perché un giorno durante un colloquio mi ha detto -mi hai deluso ma affronterò questa situazione con te-“. Rega ha raccontato di aver fatto un percorso artistico che poi l’ha accompagnato ad un percorso di studio durante la sua reclusione ed ha precisato  “Bisognerebbe attuare una pena alternativa alla detenzione difficile,  bisognerebbe affrontare questo tema in chiave che non sia giuridica.  Cosa fare per cambiare? Per cambiare dentro il carcere bisogna cambiare la cultura esterna, a partire dai cittadini liberi. C’è un problema culturale di base che la politica non affronta. È più facile assecondare i richiami delle persone piuttosto che correggerli.”

“Un carcere che riesce a svolgere la sua funzione rieducativa, come previsto dalla Costituzione, è un carcere che fa bene anche ai cittadini liberi perché tutela la sicurezza dell’intera comunità grazie al significativo calo della recidiva”. Così il Sottosegretario di Stato alla Giustizia Andrea Giorgis conclude il dibattito su vita detentiva al tempo del Covid-19, misure alternative al carcere e giustizia veramente ‘giusta’. “Questo è un libro che fa pensare – aggiunge Giorgis – È un libro ricco non solo per i contenuti dello scrittore ma anche ricco per i contributi dati dagli altri partecipanti al volume. Sono tutti contributi che aiutano a capire tutte quelle che sono le difficoltà e le scommesse che chi è chiamato ad esercitare un’azione di governo è chiamato ad affrontare. L’ articolo 27 della Costituzione con cui abbiamo a che fare ogni volta che affrontiamo il tema ‘carcere’ prevede, nella sua semplicità, non solo provvedimenti legislativi, non solo investimenti materiali ma anche di una predisposizione culturale”.

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