Ciambriello:”Il diritto allo studio si coniuga con il diritto a ricominciare, anche per i detenuti. Sono 1034 gli studenti universitari in carcere. Le studentesse sono 64″

Il diritto allo studio per i detenuti,è il diritto alla speranza,dà valore all’istruzione come strumento riabilitativo e culturale in vista del reinserimento nella società. E’ un bisogno individuale, una aspirazione, un valore di conoscenza e di cittadinanza. Il ruolo centrale dell’istruzione nell’edificare una società inclusiva e consapevole, la sua valenza di strumento di riabilitazione e riscatto culturale nelle carceri, ai fini del reinserimento sociale dei detenuti, sono i presupposti che mi hanno portato, come garante campano dei detenuti, a volere fortemente l’iniziativa del Polo Universitario nel carcere di Secondigliano, grazie all’impegno dell’allora rettore della Federico II Gaetano Manfredi e della generosa e gratuita  partecipazione di docenti di sette corsi di laurea.

Attualmente in Italia si garantisce il diritto agli studi in 75 Istituti penitenziari su 190, sono coinvolte 27 Università,sono 1034 gli studenti universitari in carcere, di cui 676 presso i Poli. Le studentesse sono 64.  Il Polo Universitario di Secondigliano ,con i suoi 82 iscritti nei primi quattro anni e 24 istanze di immatricolazioni, è l’unico del Sud e dopo Bologna conta il maggior numero di iscritti. Adesso bisogna passare da una scelta volontaria, appassionata della Università ad una scelta di sistema. Pur diventando il connubio università-carcere sempre più vitale, la virtuosa esperienza dei Poli Universitari penitenziari deve ancora superare parecchi ostacoli di natura giuridica ed organizzativa. Questo rientra nell’ambito delle mission delle Università:essere strumento di trasformazione nella società, essere Università della strada. Il diritto allo studio si coniuga con il diritto a ricominciare, anche per i diversamente liberi.

Organizzare degli efficaci percorsi di trattamento e recupero nelle carceri va nell’interesse non solo dei detenuti ma anche e sopratutto dei cittadini liberi. Accanto alla certezza della pena ci deve essere la qualità della pena. Una volta uscito se la persona non vive la recidiva c’è più sicurezza nelle città. Ho rilevato in questi primi due anni che c’è una discrasia tra i giustificati motivi di sicurezza giudiziari e sanitari e il diritto allo studio universale per tutti. Scarsità di fondi e di nuove tecnologie. Poca attenzione dei giudici di Sorveglianza per i piani trattamentali e i benefici per questi studenti particolari. Ed infine io credo che occorre puntare anche sugli agenti di polizia penitenziaria dove ci sono i poli universitari, usufruendo loro delle stesse possibilità economiche ed organizzative che hanno i detenuti. Il corpo degli agenti di polizia penitenziaria va rimotivato, formato, valorizzato.

Nelle carceri campane su 6428 detenuti attualmente abbiamo un alto numero di diplomati alla scuole superiori((514),ed un’alta presenza di analfabeti(282), insieme  a 69 detenuti laureati.

La scuola, l’università,la formazione, la cultura sono straordinari strumenti di conoscenza, rieducazione e reinserimento nella società dei diversamente liberi.

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