DISAGIO GIOVANILE, MINORI A RISCHIO, ADOLESCENTI A META’. GENERAZIONE DI ABBANDONATI.

Se il disagio giovanile con tutte le sue articolazioni fenomenologiche appare indiscutibile, più difficile risulta la connessione tra esso e i suoi sbocchi ipotetici.

Il 31 ottobre del 1984 moriva il grande Eduardo De Filippo.Luca, suo figlio, attore di razza, ricordandolo  anni fa all’Università di Napoli ci ha evidenziato che suo padre “piace tanto ai ragazzi perchè¨ ha sempre detto le cose come stanno”.  Il figlio Luca ci teneva a ricordare, sempre, anche l’impegno civile che caratterizzava gli ultimi anni del padre a favore dei ragazzi a rischio. In quegli anni ho potuto testimoniare con mano come il maestro abbia predicato la realizzazione di “villaggi dei ragazzi” come luoghi di bottega dove imparare un mestiere onestamente, per prevenire la devianza e la microcriminalità.
E nel 1987 ci fu una legge regionale,la 41,,alla quale io collaborai con Amato Lamberti, che porta le intuizioni e i gli stimoli del maestro ed istituire a a Napoli(sopra Nisida) e a Benevento la realizzazione di due villaggi dei ragazzi, per prevenire il disagio e la devianza, la mancanza di mestieri,la paura del futuro.Agli inizi degli anni ’90, in un clima di rinnovata attenzione alle politiche sociali, nel nostro paese il legislatore promuove leggi di ampio respiro nei confronti dei minori in condizione di svantaggio sociale quali il D.P.R. 448/88 e la successiva 216/91 che consentono la confluenza di volontà politica, competenze tecniche ed impegno culturale.
E nel 1989 su questa scia fondai con la mia associazione “La Mansarda” le prime comunità di accoglienza per minori a rischio in Campania: il Ponte a Nisida, la Mansarda a Bucciano, nel Sannio, e dentro il tribunale dei minorenni di Napoli. L’obiettivo era sia quello di sottrarli alle logiche del malaffare e al degrado che li circondava, sia dargli una alternativa al carcere. Nisida poi apre un’esperienza bellissima di collaborazione tra dipartimento delle giustizia minorile e comune di Napoli con il progetto “Nisida futuro ragazzi” che sperimentava un’offerta variegata di aggregazione e di formazione professionale, svolgendo un’azione meritoria di prevenzione e recupero degli adolescenti. Muoversi sulle tracce di Eduardo significa anche questo nella nostra città e nella nostra Regione,dove queste problematiche del disagio, che spesso sfocia nella devianza e poi nella microcriminalità , non solo non si sono esaurite ma coinvolgono altri minori che vengono dall’altra sponda del Mediterraneo e dai Paesi dell’Est. E sopra Nisida dal 2015 è chiusa la comunità pubblico-privato”Il Ponte”. O meglio sospesa l’attività, visto che c’era una gara in corso, non espletata. E’ arrivato il  momento di farla ripartire.

Chi si occupa dei nostri bambini a metà che non entrano in carcere?

Anche quei bambini che si sono fatti “paranza” stanno buttando via le loro vite. Questi ragazzi hanno la morte dentro. Sono adolescenti a metà. Non hanno mai conosciuto un mondo diverso, fatto di cultura, valori, cinema, sport, aggregazione sociale. Si sentono superiori ai vecchi capi della camorra. Qualche adulto, in carcere, mi ha detto: “Questi commettono reati senza investire quello che guadagnano”. Vogliono tutto e subito. Qui ed ora. La morte è l’unica pena che conoscono. Se hanno deciso di uccidere, lo fanno. Sparano nel mucchio e spesso non sanno neppure usare una pistola.

Ricordare Eduardo significa liberare i minori ed educare gli adulti.Liberare i minori per educarli a diventare adulti responsabili. Significa investire nel sociale, nella prevenzione, nei luoghi di aggregazione e di rieducazione. Significa ripartire dalle povertà educative, dalle migliaia di adolescenti che non arrivano al diploma delle scuole medie superiori.

Ci sono minori che aspettano solo di essere salvati, nelle zone rosse di una Napoli che inghiotte, ma che può anche restituire. Sono quelli che vivono in bilico, tra devianza, microcriminalità, spesso “eredità” di una cultura familiare che non dà alternative, e una fragile voglia di rivincita. La politica, interpellando “attori sociali” che portano avanti giornalmente l’esperienza- che spesso diventa lotta- di rieducazione sul campo, coinvolgendo attivamente i minori a rischio che vivono in pezzi di città profondamente complicati e infetti dalle piaghe della delinquenza, può poi concretamente mettere in campo progetti di inclusione e di liberazione, progetti per la lotta alla dispersione scolastica e la difesa del diritto allo studio dei giovani a rischio. Concedere anche borse di studio ai minori detenuti e a minori a rischio di emarginazione o coinvolgimento in attività criminose.La somma delle inadempienze nei riguardi degli adolescenti prende spesso la forma dell’abbandono.
Non è del tutto fuori luogo parlare di questi adolescenti a metà come di una generazione di abbandonati.

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