“Simbolo di una società cristiana che si vuole opporre al male e decide di sconfiggerlo con una vita buona animata dalla giustizia e dalla carità”,così una delle motivazioni della causa di beatificazione per il magistrato Rosario Livatino, ucciso dalla mafia.La Chiesa ha un nuovo beato, il giudice siciliano odiato dai boss per le indagini che portava avanti, ma anche per la sua fede.
Non ci sono reliquie di quel che resta del corpo di Rosario Livatino, sull’altare della sua beatificazione, ma la camicia azzurra indossata dal “piccolo Davide” nel giorno dell’ultimo scontro con il “Golia” mafia, il 21 settembre 1990, sul viadotto Gasena della statale Caltanissetta-Agrigento. Una piccola camicia ingrigita dal sangue rappreso, per un magistrato, un giudice, di nemmeno 38 anni, alto un metro e sessanta, che ha usato la fede, per fermare la criminalità organizzata. Perché “il suo sangue diviene seme di cambiamento, trasformazione, rinascita”. Pregava per i mafiosi uccisi e si preoccupava di chi era in carcere.
Costituzione e Vangelo. Ogni mattina, prima di entrare in tribunale ad Agrigento, andava a pregare nelle vicina chiesa di San Giuseppe. Sul comodino teneva la Bibbia, piena di appunti, e il Rosario, così come sulla scrivania in Tribunale accanto ai Codici. Fede e Giustizia. Con la maiuscola, come scriveva lui. Magistrato di grande qualità ma anche di grande umanità. Rispettava gli imputati, anche quelli che si erano macchiati dei più gravi delitti. Per lui erano innanzitutto persone. Così quando entravano nel suo ufficio si alzava e stringeva la mano. Sensibile e generoso, andava, in gran silenzio, dal suo procuratore capo a dire: «Dottore, quel fascicolo, con “quei nomi” lì, per piacere, non lo dia ai miei colleghi che sono sposati e hanno dei figli».
Persona semplice non amava, per carattere e per scelta, il palcoscenico.Sto pensando alle conferenze stampa show di tanti magistrati, i PM in prima pagina e nei salotti televisivi. Sto pensando ai magistrati che in tv rivendicano di essere giustizialisti. Sto pensando al terremoto che ha colpito la magistratura e che riguarda anche giornali e tv. Botte da orbi tra toghe e perdita di fiducia e credibilità tra i cittadini. Il mondo dei media fa finta di nulla, filtra e pensa ancora una volta di farla franca. Ma la complicità è evidente. La pubblicazione di cosa e quando pubblicare ha alimentato l’onda populista e complottista.Il cardinale Montenegro sul ruolo profetico del nuovo beato per tanti suoi colleghi ha dichiarato: « Sarà una luce che illumina lontano. Questa beatificazione come simbolo di speranza».
Il nuovo beato aveva scritto:”“Alla fine della vita, non ci sarà chiesto se siamo stati credenti, ma credibili”.