di Tullio Morello*
Brevi considerazioni da canale social sulla giustizia che certamente funziona male, e che in questi giorni é al centro di varie iniziative di riforma e referendarie.
Per me il principale motivo dello sfascio attuale, oramai consolidato da anni, é che i magistrati sono troppo pochi rispetto al numero dei processi penali e civili che devono celebrare, in tre gradi di giudizio ai quali vanno aggiunti i tre della fase cautelare e quelli infiniti della fase esecutiva.
Parlerò del penale di cui mi occupo da 30 anni.
Di un reato anche abbastanza semplice e ricorrente come ad esempio la rapina di un telefonino con un coltello, con arresto in flagranza, possono arrivare a occuparsi anche 22 magistrati prima di arrivare a una sentenza definitiva che condanni o assolva l’imputato.
Le notizie di reato iscritte ogni anno superano abbondantemente il milione, idem le iscrizioni dei processi civili.
In Italia il rapporto numerico magistrati/Popolazione é tra i più bassi d’Europa (9000 magistrati togati e 5000 onorari su 60.000.000 di abitanti in una nazione dove esistono storiche e pericolosissime organizzazioni criminali anche di natura transnazionale). Non parliamo poi di quello del rapporto tra posti in carcere/popolazione che rende inattuabile la funzione rieducativa della pena e fa vivere detenuti e operatori in condizioni disumane e poco dignitose.
Se però vediamo il rapporto numerico tra avvocati e popolazione esso é largamente il più alto non solo in Europa ma anche penso nel mondo. In Italia gli avvocati sono circa 250.000.
La tradizione giuridica del nostro Paese sarebbe dovuta essere un valore aggiunto e il motore trainante della giustizia, occupando tanti giovani e non solo. Ma si é rivelata invece un boomerang.
Comprendo che l’idea di fondo di razionalizzare il sistema, diminuendo il numero di ipotesi di reato e di contenzioso civile, che sarebbe necessario per far funzionare meglio il sistema -oltre che più giusto, in quanto é assurdo sanzionare penalmente fattispecie che non hanno (o non hanno piú) nella società un disvalore da richiedere una tutela penale- contrasti nella mente del legislatore con le conseguenze che questo comporterebbe per l’enorme numero di persone che esercitano con passione e competenza tra mille difficoltà la professione forense.
Con i numeri attuali nessuna riforma potrà far funzionare meglio il processo penale senza prevedere un cospicuo aumento dell’organico della magistratura, senza dotare di adeguati mezzi e investimenti strutturali gli uffici giudiziari, e senza magari creare stabili figure di difensori d’ufficio con autonomo organico e organizzazione, che garantiscano la migliore difesa a chi non può permettersela.
Diversamente solo una sostanziosa depenalizzazione accompagnata da una efficace amnistia potrebbe dare una mano a qualunque tipo di intervento strutturale sul processo.
Negli ultimi 30 anni la politica anziché intervenire, continuando a stanziare per il comparto giustizia percentuali di PIL tra le più basse d’Europa, ha preferito lasciare alla prescrizione la scure naturale di un sistema schizofrenico, realizzando un processo penale che trova nel vestito carnevalesco della maschera di Arlecchino e nel Gioco dell’oca, le sue più emblematiche raffigurazioni.
Con questo non voglio negare quelle che sono le colpe della magistratura, che certamente ci ha messo del suo. Al di là della fisiologica presenza tra tali fila di un numero limitato di persone colpevoli di gravi reati e di altre che nelle oggettive difficoltà lavorative hanno trovato alibi per fare meno e male di quello che era ragionevolmente possibile chiedere loro.
Resta che un processo é un istituto in cui si deve arrivare a un giudizio su fatti e responsabilità, e in cui la decisione del giudice risente di come hanno svolto la loro funzione nel processo figure professionali e non. Di come in pratica hanno portato il loro contributo il pubblico ministero, il difensore, i periti o i consulenti tecnici, i testimoni e lo stesso imputato.
Basta che uno di questi non svolga bene il proprio ruolo e la decisione rischierà di essere corretta processualmente ma lontana dalla verità reale.
Non a caso si parla di verità processuale, si parla di presunzione di innocenza, e vi sono tre gradi di giudizio.
Individuare casi di responsabilità diretta da azionare civilmente -che sarebbe poi solo del giudice di primo o di secondo grado e mai di quello di Cassazione o del Pm- in un siffatto sistema sarebbe molto complicato. E i casi di responsabilità per dolo o colpa grave sono puniti e azionabili, anche se in via indiretta, già oggi.
Un ultimo passaggio sulla separazione delle carriere.
Attualmente se un giudice penale o un Pm voglia passare da una funzione all’altra deve cambiare Regione, e i casi concreti di passaggio proprio per tale motivo sono limitatissimi. In genere lo fanno quelli che nella scelta della prima sede hanno dato preferenza alla destinazione rispetto alla funzione più gradita.
Non voglio sottolineare quanta paura mi farebbe poi un Pm separato con diverso concorso di accesso e autonomo organo di autogoverno.
Ma mi soffermo su alcuni cavalli di battaglia suggestivi di chi è a favore della separazione.
Il primo è più odioso è quello della influenza sottesa che vi sarebbe nelle decisioni dei giudici perché colleghi dei Pm che fanno le richieste e non dei difensori.
Potrei dire che in 30 anni non ho mai visto neppure mezza volta un tale evento. Ma poi contro questa illazione contrasta il dato enorme delle assoluzioni che in alcuni uffici giudiziari raggiunge anche il 50% dei giudizi.
Altra considerazione è che sedendo nell’organo di autogoverno (Csm) insieme giudici e pm, i secondi indirizzerebbero le carriere dei primi soggiogandoli e tenendoli in ostaggio.
Ebbene nel Csm oltre i due membri di diritto siedono 12 giudici, 6 membri laici (spesso avvocati) e 4 PM. Come 4 PM potrebbero condizionare il funzionamento di tale organo mi sembra in maniera lampante una cosa numericamente impossibile. E basterebbe analizzare l’andamento delle votazioni per i ruoli direttivi e semi direttivi giudicanti piú importanti per dimostrarlo agevolmente.
E aggiungo di più. In occasione delle elezioni del 2018 su 4 PM, candidati in maniera purtroppo blindata, due di loro erano giudici che avevano cambiato la funzione pochi mesi prima della loro elezione passando al ruolo di PM solo per tale circostanza.
Questa del partito dei Pm che condizionerebbe la carriera dei giudici scusatemi ma non si può proprio sentire. Che poi esistano Pm che sfruttano l’esposizione mediatica offerta dal loro ruolo in alcune situazioni e discorso diverso, grave, eppure trascurato da tempo in ogni progetto di riforma.
Certamente la lentezza dei processi ha spostato spesso l’energia degli organi investigativi verso la fase cautelare.
La considero una naturale se pure pericolosa conseguenza dei tempi eccessivi per arrivare a un giudizio. Ma la lentezza dei processi non è colpa dei Pm ma del numero dei processi stessi.
E in ogni caso nella determinazione delle piante organiche degli uffici realizzate dagli organi a ciò deputati -e non dalle Procure- si stabilisce una evidente preminenza alla fase cautelare impegnando in essa piú magistrati di quelli impegnati nei giudizi di primo grado. Per non parlare delle sproporzioni ancora più decisive a rallentare i processi riscontrabili tra gli organici dei Tribunali e quelli delle Corti di Appello e della Cassazione.
Ma anche in tal caso non vedo responsabilità nel fatto che giudici e Pm sostengano un unico concorso e vengano gestiti dallo stesso organo di autogoverno.
Tante cose si potrebbero e si dovrebbero fare per far funzionare meglio e anche bene la giustizia. Molte sarebbero cose semplici, magari ne parleremo presto.
Nessuna di quelle che ho letto o ascoltato in questi giorni, almeno e ovviamente a mio giudizio (per quello che vale), aiuterebbe concretamente il sistema a esprimere decisioni più giuste in tempi più rapidi.
E questo mi preoccupa da cittadino prima che da magistrato. In questa ultima veste sul sentimento di preoccupazione prevale quello di frustrazione per non poter rispondere nella maniera più appropriata e soprattutto utile a quello che ogni giorno la società ci chiede.
Lavorando troppe volte a vuoto e tra mille di difficoltà e non nei tempi ipotizzati o voluti, profondendo energie per celebrare processi che non vedranno una fine diversa da quella della morte per prescrizione. Anche se sono il primo a ritenere che un processo infinito senza prescrizione sarebbe assurdo e ingiusto.
*Magistrato
(dalla sua pagina Facebook)