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Esami in cambio di sesso all’UniSannio: è il metodo “Minetti” che si perpetua

Dopo il servizio shock delle Iene con cui Giulio Golia ha smascherato l’ennesimo caso di un professore che chiedeva favori sessuali e attenzioni alle alunne come metodo alternativo allo studio per passare l’esame di matematica, l’Università del Sannio è corsa ai ripari. Grazie alle immagini registrate dalle telecamere di Mediaset è stato infatti possibile individuare ateneo e facoltà (Economia) teatro della compravendita e i vertici dell’università di Benevento “si sono immediatamente adoperati per identificare il docente coinvolto. Si precisa che si tratta di un collaboratore esterno – si legge in una nota – non inquadrato nei ruoli dell’università, di cui è stata disposta l’immediata sospensione da qualsiasi incarico all’interno dell’ateneo sannita, nell’attesa di valutare ogni azione successiva necessaria”. Anche la politica si è subito fatta sentire: “Quello emerso dal servizio delle ‘Iene’ – ha dichiarato Francesco Farese, coordinatore provinciale dei giovani Ncd – è uno scenario raccapricciante. Tutti abbiamo riconosciuto le aule della facoltà di via delle Puglie ed il professore di Matematica che assicurava il superamento dell’esame a ragazze che fossero state ‘carine’ con lui. E’ una situazione vergognosa che non possiamo assolutamente tollerare”.

Quello di Benevento non è il primo né l’ultimo caso assurto agli onori della cronaca, figlio di quell’Italia che spinge nella folla per arrivare in prima fila, che non ama attardarsi nelle code agli sportelli, che ogni qualvolta compare una regola ha già studiato il sistema per aggirarla. E’ il frutto di anni di indecenza spacciata per normalità, di sdoganamento della raccomandazione in qualsiasi contesto di studio e lavoro, perché senza neppure vieni preso in considerazione; decenni di assuefazione a volgarità televisive entrate a far parte del quotidiano e che hanno distorto il comune senso del pudore. E’ il metodo “Minetti” che si perpetua con nuove “aspiranti igieniste dentali”. Perché studiare se è possibile ottenere risultati migliori svendendo se stesse? Perché sgobbare ore sui libri se l’esame o il colloquio si possono superare offrendo come merce di scambio il proprio corpo? In fondo parliamo di ragazze maggiorenni e con piene facoltà mentali, nessuno le ha costrette: di sicuro non lo ha fatto quel docente, potevano dire di no o denunciare. Se la mancata denuncia può trovare giustificazione nella paura di non essere credute e vedere peggiorare la propria posizione nei confronti di una materia ostica, il concedere se stesse al professore molesto non ha scusanti. E’ moralismo ipocrita e bigotto quello di chi punta il dito solo contro il professore e non ragiona sulla probabilità che il modus operandi del docente abbia trovato ragazze disponibili dall’altra parte. E con altrettanta probabilità quelle laureande di oggi, impreparate ma facili e accondiscendenti, domani con le stesse tecniche saranno al posto di altri nel mondo del lavoro perché cammineranno spedite lungo la strada che rapidamente può portarle al successo. Se di vittime si tratta, queste giovani lo sono di se stesse, della visione perversa del corpo come merce, di un femminismo degenerato che da libere e padrone del loro essere donna le ha rese schiave del libertinaggio; di una società in cui la meritocrazia è eccezione, non regola. Dove è fondamentale arrivare, non importa come.

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