Qui ed ora

Halloween in Italia: c’è chi dice no! Ma la festa ormai spopola!

Nata tra il Regno Unito e il nord della Francia, nome d’origine irlandese (All-Hallows-Eve, notte prima di ognissanti) che vuol simboleggiare “la fine dell’estate”, la festività di Halloween è ormai un evento celebrato in tutto il mondo, Italia compresa.
Sono sempre più, infatti, locali, discoteche, bar, come anche librerie e negozi di altro genere, che si tingono di nero e d’arancio per la notte del 31 ottobre, ornando i propri spazi con le celebri zucche, scheletri, ragni e streghe.
E se l’aspetto macabro della festa è stato istituito al di là dell’Oceano, negli Stati Uniti, è ormai usanza globale quella di mascherarsi per bussare alle porte del proprio vicinato intonando la consueta frase “dolcetto o scherzetto”, pronti a fare il pieno di caramelle e cioccolata.
Eppure, non tutti sanno che, in alcune zone del nostro Paese, l’usanza di celebrare la notte precedente quella dl 1 Novembre ha vecchie radici che nulla hanno a che fare con la più famosa Halloween.
Ad esempio, in Calabria, precisamente a Serra San Bruno, vi è la secolare tradizione del “Coccalu di muortu”, la testa di morto, il teschio. I bambini del paese, infatti, intagliano una zucca riproducendo le fattezze del cranio e, girovagando per le proprie strade, interrogano i passanti con la frase: “Mi lu pagati lu coccalu?” (“Me lo pagate il teschio?”). Tanti soldini garantiti! Stessa usanza in Friuli, dove era diffusa la consuetudine di scolpire zucche.
In Sardegna, invece, la festa è conosciuta nel Sud come Is Animeddas (Sarrabus) o Is Panixeddas, in Ogliastra come Su Prugadoriu e nel Nuorese come Su mortu mortu, Sas Animas o Su Peti Cocone (Orosei). È una tradizione antichissima, la quale prevede che i bambini, i “sos chi toccana” (quelli che bussano), si rechino di casa in casa per chiedere alle persone incontrate sull’uscio di pregare e fare del bene per le anime dei morti, richiedendo, già che sono, dei piccoli doni. La frase “magica” è: “Mi ddas fait is animeddas?” (“mi fa le piccole anime?”) o “Carchi cosa pro sas animas” (“qualcosa per le anime).
Altra storia quella che riguarda Orsara, in Puglia, quando la notte tra l’1 e il 2 di novembre si celebra l’antichissima notte del “fucacost” (fuoco fianco a fianco). Secondo la tradizione, di fronte ad ogni casa vengono accesi dei falò per illuminare la strada di casa ai defunti che in quella notte tornerebbe a visitare i propri cari. Poi, sulla brace di quegli stessi falò viene cucinata della carne che tutti mangiano in strada assieme ai passanti.
E chissà che in provincia di Salerno, precisamente a Gromola e Ponte Barizzo, i parroci delle due città non abbiano proprio preso spunto dai vicini pugliesi per dire il proprio “no” alla celebrazione della festa anglosassone. Infatti, il 31 ottobre, presso le parrocchie delle due cittadine, i bambini sono stati invitati a vestirsi da Santi, cucirne il costume, conoscerne la storia e non solo, quindi, il celebre nome. C’è solo l’imbarazzo di una scelta che si presenta vastissima e ricca di curiosità.
Ad ognuno il suo, quindi, senza voler per forza giudicare chi, magari, approfitta della festa, seppur importata, soltanto per trasformarsi, per una notte, in ciò che non si è.
L’imperativo è divertirsi, a ritmo di caramelle da scartare o tradizioni da onorare.

Potrebbe piacerti...