Cultura

Iandolo (Libera Avellino): «Non basta contrastare la camorra, bisogna prevenirla»

Ventitre anni fa, a Lauro, moriva Nunziante Scibelli (http://www.liberaavellino.it/nunziante-scibelli/), prima vittima innocente della faida tra i clan Cava e Graziano che ha insanguinato il Vallo di Lauro per tre decenni. Anche quest’anno Libera Avellino e il presidio del Vallo di Lauro ricorderanno il 26enne irpino ucciso per errore dalla camorra la notte del 30 ottobre 1991 con una serie di iniziative a Quindici e Lauro alla presenza delle istituzioni e del Vescovo di Nola, occasione per rilanciare azioni istituzionali e sociali di lotta alla criminalità organizzata. Titolo della giornata: “Mai più come prima, per tracciare insieme un futuro di speranza”. Ne abbiamo parlato con il referente di Libera Avellino Francesco Iandolo.

Cosa rappresenta il 30 ottobre per la provincia di Avellino?

«Il 30 ottobre dal 2008 commemoriamo in modo simbolico la prima vittima della faida di Lauro, Nunzio Scibelli. Non fu la prima vittima irpina in assoluto, prima di lui era toccato ad Antonio Ammaturo, un servitore dello Stato, ma la morte di Scibelli colpì l’opinione pubblica perché era un innocente non solo in quanto non camorrista, ma pure perché non in prima linea nella lotta alla camorra. Dopo l’emozione iniziale del ’91, la storia di Scibelli è stata dimenticata e Libera si è occupata di riportarla alla memoria perché senza ricordo quella morte sarebbe stata completamente inutile. Attraverso la sua storia vogliamo costruire un messaggio di speranza per questo territorio».

Un territorio che per anni è stato considerato, a torto, un’oasi rispetto alle realtà costiere. In realtà, anche recentemente, il Vallo di Lauro è stato teatro di alcuni episodi di cronaca che hanno riacceso la preoccupazione sulla presenza della camorra nella provincia di Avellino.

«Ci sono atti che testimoniano che la camorra nella nostra provincia è arrivata con il terremoto del 1980: con la ricostruzione arrivarono soldi e quindi grandi interessi che hanno portato a sparatorie e attentati e aperto la strada ai clan. Gli episodi degli ultimi mesi preoccupano, ed è anche per questo che con l’evento di oggi vogliamo dire che se mai mettiamo un punto, mai nessuno potrà andare oltre. Fortunatamente oggi tanti camorristi sono finiti in carcere. Ma è importante capire che non dobbiamo più perdere tempo: non basta più creare le condizioni per rispondere alle azioni della camorra, dobbiamo prevenirle».

Libera Avellino, accanto a Fondazione con il Sud e alla cooperativa Oasiproject, è impegnata proprio nel Vallo di Lauro nel progetto del maglificio “100Quindici Passi” che sarà realizzato su un bene confiscato nel territorio di Quindici sfruttando la legge 109/96. A che punto è e che risposta state registrando da parte dei cittadini?

«In questi giorni termineranno i lavori alla struttura, nelle successive due tre settimane attraverso un avviso pubblico saranno reclutati e formati gli operatori. Sarà una grande sfida per noi, dopo il 20 novembre tireremo le somme e faremo un bilancio su quella che sarà stata la risposta della popolazione. Si tratta di lavorare su un bene confiscato alla camorra, quindi il maglificio sarà un’attività talmente simbolica ma anche concreta, un’esperienza unica nel suo genere in Italia che, appunto, creerà lavoro e occasioni di emancipazione. Affiggeremo manifesti in tutto il Vallo di Lauro, anche se l’avviso è aperto a tutti, faremo di tutto per evitare che si dica “non ne ero al corrente”, perché vogliamo mettere tutti in condizioni di scegliere da che parte stare con consapevolezza».

A proposito di mafie, hanno fatto molto discutere le parole di Beppe Grillo: “la mafia aveva una sua morale, ma è stata corrotta dalla finanza”. Vuole commentare?

«La pericolosità delle sue dichiarazioni sta nel fatto che è un personaggio in vista. Quello che noi dobbiamo fare è ribadire in modo netto e chiaro che nulla può giustificare atteggiamenti mafiosi, anzi siamo convinti che nel 2014 la lotta alle mafie debba essere una priorità di istituzioni e cittadini. Solo così vinceremo questa battaglia che è una battaglia non solo sociale e culturale, ma tocca anche la nostra economia e i nostri diritti».

 

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