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“LA CHIESA E’ MIA E LA GESTISCO IO”. NO AI CREDENTI MUSULMANI

Due parroci del pistoiese, impegnati nell’accoglienza di (18) profughi musulmani, per una più completa inclusione avevano messo a disposizione le loro chiese per la preghiera di questi musulmani con tappeti ed orientamento verso la Mecca. Delineavano nel contempo un percorso di integrazione e conoscenza tra fedeli di religione cattolica e credenti musulmani. Il vescovo di Pistoia ha bloccato l’iniziativa, ritenendo che fosse più opportuno trovare altri spazi per la preghiera di questi musulmani, altrimenti si farebbe una confusione che non aiuta l’accoglienza. Dai resoconti giornalistici non sappiamo se i fedeli delle rispettive comunità cristiane approvavano ed appoggiavano il progetto dei loro parroci. Di fronte alle dichiarazioni del Vescovo di Pistoia, viene in mente un diffuso slogan femminista che si può tradurre così: “La chiesa è mia, e la gestisco io “ ! Non è solo questione di proprietà dell’edificio di una chiesa, ma di appropriazione di un luogo sacro, di uno spazio dedicato al culto secondo la confessione cattolica ma sempre all’Altissimo Dio, di cui il gestore del “campo religioso” stabilisce i confini con inclusioni ed esclusioni.

A nostro avviso, anche in altre occasioni, abbiamo avuto l’impressione che operatori religiosi – compresi sacerdoti – pur impegnati non manifestassero sempre una grande idea di Dio, del mistero che ci avvolge e ci interroga, dell’Altissimo che può essere venerato ed invocato in ogni luogo. Da bambino, al catechismo abbiamo imparato che: Dio è in cielo, in terra ed in ogni luogo, ed allora secondo le citate dichiarazione paradossalmente bisognerebbe dedurre che Dio non è nelle chiese cattoliche per i credenti musulmani.

Non è consentito a nessuno di mettere le mani su Dio, per aprire o chiudere porte sante o meno. Altrimenti si manifesta un idea ristretta di Dio, o si cade per definizione nella magia come appropriazione e manipolazione del divino. Oltre l’accoglienza di profughi e migranti, un sano ecumenismo dovrebbe favorire la conoscenza reciproca delle credenze e pratiche religiose, la disponibilità di luoghi di culto, ed un confronto sincero che porti tra le diversità al cuore dell’ esperienza religiosa che di riveste di diversi colori.

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