Economia e Welfare

La doppia velocità estiva dei diritti LGBT

di Antonello Sannino, presidente Arcigay Napoli

Una estate atipica per le condizioni meteo ha mostrato una bizzarra dualità anche sulle questioni legate alla famiglia e alla famiglia omogenitoriale. Notizie, sentenze, provvedimenti ed articoli sull’argomento si sono, infatti, susseguiti a ritmo sostenuto, segnalando nel nostro Paese il bisogno di una profonda riflessione politica/sociale sul tema della famiglia e del riconoscimento dei diritti civili alle coppie omosessuali.

Che oramai il dibattito sui diritti all’interno della società italiana sia trasversale e non coinvolga più ristretti gruppi politici o culturali è innegabile, ma fa sempre un certo effetto quando segnali di apertura giungono da insperati interlocutori. Proprio dal mondo cattolico, infatti, arriva la notizia della storica decisione dell’associazione scout, AGESCI, di garantire la piena partecipazione alle sue attività alle persone gay e lesbiche. La cosiddetta “Carta del coraggio”, approvata nei giorni scorsi, ha come intento la costruzione di nuove basi di dialogo in linea con le dichiarazioni, dal tono invero ancora lieve, di Papa Francesco sui temi legati all’omosessualità. E’ comunque un passo importante se facciamo un confronto con il muro che la Chiesa e con essa tutto il mondo cattolico tenevano ben alto nei confronti delle persone LGBT (Lesbian, Gay, Bisex e Trans). Questo ci lascia sperare che nel prossimo futuro ci sia ancora più “coraggio” nel dialogo e nel superamento di certe rigidità dogmatiche.

Altra nota di merito in questa estate va all’avanzamento nell’ambito della giurisprudenza dovuto alla magistratura che con sentenze sta ridisegnando in maniera inclusiva il panorama dei diritti civili adeguandolo al contesto europeo ed internazionale: diventa consuetudine nel nostro Paese il fatto che siano i giudici ad ampliare i diritti dei cittadini più velocemente del legislatore spesso disattento e superficiale. Un punto di svolta è la decisione del Tribunale di Roma di riconoscere il diritto di esercitare il ruolo di genitore non solo alla donna che ha concepito il figlio con fecondazione eterologa, ma anche alla sua compagna. Questa sentenza apre nuove prospettive per le coppie gay e lesbiche con figli nell’esercitare il proprio diritto alla genitorialità rompendo il tabù tutto italiano che recita il mantra: “unioni civili forse, adozioni e figli no.”

Di contro, non si è fatta attendere la consueta levata di scudi della parte politica reazionaria che si è schierata a sostegno di nebbiose rappresentazioni della famiglia del tutto incompatibili non solo con lo scenario sociale reale ma anche con le stesse situazioni che riuscirebbe a vivere quotidianamente la famiglia “tradizionale”.

Mentre da un lato, quindi, le istanze egualitarie che nascono dal basso trovano piena rispondenza nelle pratiche della giurisprudenza, dall’altro la risposta reazionaria della politica nei vari livelli amministrativi spesso sconcerta, come nel caso dei comuni di Palermo e Assisi. Infatti, è notizia di questi giorni che i Consigli dei rispettivi comuni si sono apprestati, in pieno agosto, ad approvare mozioni per l’istituzione di una “Festa della famiglia naturale”. Al di là dell’inaspettata sintonia politica tra il Capoluogo siciliano e il noto comune umbro, lascia sorpresi questa rinnovata corsa a costruire barricate attorno al concetto “tradizionale” di famiglia che non solo discrimina le famiglie composte da coppie dello stesso sesso ma anche le numerosissime famiglie composte da donne o uomini soli con figli e altri nuclei con figure genitoriali diverse da quelle biologiche. E’ chiaro che l’intento di alcuni è quello di affossare con tali iniziative – che sanno tanto di Family Day – il lavoro di chi sul territorio si impegna duramente in prima linea per contribuire al superamento della disuguaglianza tra famiglie etero e omosessuali.

Malgrado ciò, Palermo, che nel 2013 ha ospitato un partecipatissimo Pride Nazionale e grazie all’associazionismo lgbt fortemente radicato sul territorio, sta facendo sentire la sua voce contro la mozione della sua amministrazione e quasi certamente questo capitolo si chiuderà in maniera positiva per la città e le sue famiglie “arcobaleno”. Lo stesso ci auguriamo per Assisi dove però, come in altre parti del Paese, risulta ancora forte la pressione esercitata da movimenti cattolici ancorati ad una visione anacronistica della famiglia.

Nonostante questi due episodi, in questi mesi estivi lo scenario delle maggiori novità in tema di diritti lgbt è stato spesso il Sud. L’OndaPride ha toccato le principali città meridionali (Catania, Lecce, Napoli, Palermo, Reggio Calabria e Siracusa) arrivando per la prima volta anche in Calabria e nelle città di Lecce e Siracusa (alle quali si sommano la “prima volta” di Salerno 2012 e Barletta 2013). Napoli è stata capofila nell’introduzione della trascrizione all’anagrafe dei matrimoni contratti all’estero ed è avvenuta una importante apertura politica da parte di quel centro-destra che per anni ha portato avanti idee illiberali nei confronti dei cittadini gay, lesbiche e trans. Napoli e il Sud stanno mostrando di essere, in tal senso, un laboratorio in continua evoluzione in cui vengono generate dinamiche politiche e sociali che puntano ad influire sull’agenda della politica nazionale ponendo al centro del proprio agire politico il governo locale, in modo inedito nella storia della Repubblica. Uno dei protagonisti di questa nuova fase è l’associazionismo lgbt che concentrandosi su una governance locale, composta dalle amministrazioni locali e dagli altri stakeholders, può imprimere una svolta decisiva nell’allargamento dei diritti civili e nella lotta alle discriminazioni.

Spesso è stata contestata la scarsa utilità dell’istituzione dei registri nei vari comuni italiani, sottovalutando le significative ricadute che l’adozione di tale strumento da parte di una larga maggioranza di comuni avrebbe sulle priorità degli organi parlamentari in tema di diritti civili. Così come non passerebbe certo inosservata l’adesione di un gran numero di città a R.E.A.D.Y., la Rete Nazionale Antidiscriminazione delle Pubbliche Amministrazioni partita dal Comune di Torino. Rivolgere l’attenzione al livello locale, quindi, è un passo fondamentale per le associazioni del network lgbt e le esperienze condotte finora dimostrano che le iniziative più significative sono state realizzate proprio nei comuni, nelle regioni e presso gli enti locali dove le Amministrazioni si sono impegnate sulle politiche di Pari Opportunità, anche attraverso l’istituzione di Tavoli permanenti di lavoro o anche con Organi per le Pari Opportunità operanti sulle progettazioni di contrasto alle discriminazioni legate all’orientamento sessuale e/o all’identità di genere.

In questi contesti, infatti, sono nati progetti che hanno coinvolto tra gli altri le scuole e il mondo del lavoro producendo effetti notevoli sulla riduzione dei livelli di omofobia e discriminazione. I risultati finora positivi incoraggiano a proseguire su questa strada e invitano a riprodurre su altri territori più deboli le pratiche di lavoro congiunto e in rete al fine di migliorare anche lì la qualità della vita dei cittadini e delle cittadine lgbt.

La breve analisi appena esposta ci spinge  a fare un  bilancio, seppur parziale, di questa estate a doppia velocità. Abbiamo visto che nonostante la staticità e l’ostilità di una certa classe politica crei ancora ostacoli nella definizione di iniziative legislative, i territori riescono con propositività a viaggiare comunque più veloci sulle pratiche di inclusione. Per tale motivo, non bisogna mai perdere di vista il rapporto con il territorio e gli enti locali. Le istanze del movimento lgbt escono rafforzate se portano con sé il confronto con le istituzioni territoriali e le altre parti sociali, di conseguenza godono di una maggiore attenzione nel momento in cui vengono spostate sul piano politico nazionale.

Ricordiamo, a tal proposito, che ben presto alle Camere partirà il dibattito relativo alla proposta di legge sulle unioni civili e l’arena politica tornerà ad infuocarsi. Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha più volte rimarcato l’importanza di trasferire le pratiche e le conoscenze acquisite sui territori in un quadro politico nazionale; quindi, è il momento di utilizzare questa esperienza accumulata a livello locale per arricchire il disegno di legge e renderlo quanto più inclusivo possibile.

Noi auspichiamo  di poter veder realizzato in maniera coerente questo intento, anche perché valorizzare il lavoro prodotto dal basso potrebbe essere davvero un’occasione storica per superare la dicotomia tra politica e società e riallineare le due velocità.

L’autunno è imminente, sui temi lgbt è tempo di viaggiare ad un’unica velocità sostenuta, senza freni, né retromarce.

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