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La nuova vita delle api, “rinate con il lockdown”

A causa della pandemia di Covid-19 siamo rimasti confinati nelle nostre abitazioni per quasi due mesi. Un tempo che ci è parso interminabile ma che, chiaramente, è assolutamente irrisorio dal punto di vista dei cicli naturali. La nostra forzata assenza non può pertanto aver provocato una miracolosa rinascita della natura.

Questo breve tempo può tuttavia essere sembrato lungo alle creature più piccole, come le api, che potrebbero aver effettivamente tratto giovamento dalla nostra reclusione. “Le api, come tutti gli insetti, sono animali piccolissimi che hanno cicli di vita molto molto brevi – ha spiegato Gianumberto Accinelli, entomologo e scrittore –. La maggior parte degli insetti, ad esempio, ha più di una generazione all’anno, riescono pertanto ad adattarsi a nuove condizioni particolarmente in fretta”.

Le nuove condizioni si sono rivelate particolarmente favorevoli per le api, le cui popolazioni globali sono in calo a causa della perdita di habitat e dei pesticidi. Il blocco della maggior parte delle attività ha infatti creato un ambiente più a misura d’ape. È stata innanzitutto interrotta l’ossessiva pulizia ai bordi delle strade, consentendo alle piante di crescere e fiorire, offrendo un’ulteriore e inaspettata fonte alimentare alle api e agli altri impollinatori. Queste aree circoscritte, ultima roccaforte di numerose specie vegetali, quasi ovunque sfrattate dal cemento e dall’agricoltura intensiva, possono ospitare centinaia di specie di piante selvatiche, che però abitualmente non fanno in tempo a fiorire e a riprodursi, a causa della pulizia delle strade.

La riduzione del traffico veicolare ha avuto un duplice impatto positivo: da un lato la carenza di automobili ha, inevitabilmente, comportato un calo delle collisioni mortali (secondo uno studio del 2015, ogni anno, solo in Nord America, le auto uccidono 24 miliardi di api e vespe), dall’altro c’è stata una significativa diminuzione dell’inquinamento atmosferico. Lo smog non danneggia direttamente le api, “è un problema che riguarda più noi mammiferi – ha affermato Accinelli – gli insetti hanno un’altra respirazione, per cui riescono a gestirlo molto meglio”, influenza però l’intensità del profumo dei fiori. Secondo uno studio pubblicato nel 2016, infatti, gli inquinanti, come l’ozono, alterano la composizione chimica dei fiori, confondendo le api e rendendo loro più difficile e dispendiosa l’individuazione del cibo.

Questi cambiamenti, di cui le api e altri organismi hanno beneficiato, sono chiaramente frutto della eccezionale situazione che stiamo vivendo e potrebbero scomparire non appena le attività umane riprenderanno. In alcuni casi basterebbe tuttavia poco per mantenere i benefici cui stiamo assistendo, mentre in altri occorrerebbero interventi più strutturali, ma necessari.

“Spero che questa situazione ci insegni una cosa – ha detto Accinelli – che effettivamente siamo noi a disturbare la natura. Non abbiamo più scuse, siamo noi, personalmente, singolarmente, che con i nostri comportamenti, spesso non ecosostenibili, creiamo dei danni all’ambiente. È sotto gli occhi di tutti che, al di là delle api, l’aria è più pulita, il cielo è azzurro e si sente il profumo dei fiori. Mi auguro quindi che questa consapevolezza rimanga anche dopo la fine della reclusione forzata, perché se no si tratterebbe solo di un momento. Per due mesi le api hanno mangiato, si sono nutrite dei fiori selvatici che crescevano anche in città e poi è finito tutto”.

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