Officina delle idee

La privatizzazione delle ferrovie dello stato

La storia delle ferrovie europee ha un andamento parallelo fra le diverse esperienze nazionali. Cominciano tutte allo stesso modo: si parte da concessioni statali per tratte limitate via via interconesse e quando l’irrazionalità di reti separate rispetto alla esigenze nazionali rende evidente il danno della separazione si procede alla unificazione della rete sotto proprietà statale

E’ questo lo schema comune che inizia nella prima metà dell’800 e si conclude ai primi del’900 con l’eccezione della Spagna e della Francia. Per l’Italia la data è il 1905, Giolitti regnante.

La storia della nazionalizzazione è molto “italiana” con i concessionari, Bastogi in testa, occupati a corrompere i parlamentari per ottenere indennizzi alti così come li avevano corrotti, con l’unica significativa eccezione di Quirino Nofri macchinista della Nord Italia, al momento del rilascio delle concessioni.

La prima privatizzazione di una compagnia statale fu quella condotta in Inghilterra a carico di BR( British Railway).   La manovra iniziata dalla Thatcher fu completata da Balir e fu un disastro. I privati tagliarono su occupazione e sicurezza. Il risultato fu una impressionante serie di incidenti ferroviari tanto più gravi perché BR era nota per la sua sicurezza .Sta maturando adesso in Inghilterra una opinione favorevole se non alla ri-nazionalizzazione almeno alla pubblicizzazione del sistema ferroviario. Il sistema escogitato che privatizzava anche le strutture ma costringeva lo Stato ad intervenire in caso di difficoltà si risolse ,paradossalmente, in maggiori oneri per il bilancio pubblico.

La Francia si tiene stretta la sua SNCF e tutta la costellazione di società minori che ne dipendono nonché la RATP (Règie autonome Transports parisiens) che gestisce tutto il trasporto m pubblico dell’Ile de France con molte consociate –sempre pubbliche- come RER (Reseau Exprès Regional) anch’esso un EPIC come SNCF (EPIC sta per Etablissement public industriel commercial: stabilimento pubblico industriale commerciale). La Francia ha provveduto allo scorporo della rete dall’esercizio ,in ottemperanza a alle disposizioni comunitarie con un singolare escamotage per cui SNCF paga a RFF (Reseau ferrè france) altro EPIC, un canone per l’uso della rete degli impianti ma ne riceve un altro da RFF perché si occupa della manutenzione. Poi parlano dei napoletani.

Anche la Germania si tiene stretta la sua DB (Die Bahn, la ferrovia) frutto della fusione di Deutsche Bahn, la ferrovia occidentale,c on la Reich Bahn, la ferrovia orientale…  dopo la unificazione e non ci pensa nemmeno a privatizzarla. La fusione comportò notevoli oneri per la standardizzazione delle infrastrutture. DB ha una politica internazionale aggressiva tant’è vero che ha deciso di entrare nel trasporto regionale italiano  partecipando alla gara per l’Emilia –Romagna.

.Un discorso analogo si può fare per la Spagna.

Noi italiani ,sempre originali,partiamo inn quarta per una privatizzazione dai contorni oscuri Si privatizza anche il 40% di RFI ? Non si sa. Si privatizza solo Trenitalia? Non si sa .
E’ strano che si vendano i gioielli di famiglia: le Frecce rosse, il servizio a più alto reddito, mente in tutto questo rincorrersi di del settore CARGO on si fa parola.

Desidero esprimere le mie perplessità per la brutalità tutta renziana dell’operazione ( Ricordate #enrocostaisereno?)

Il direttore Generale e, l’AD ed un paio di consiglieri erno contrari. Che si fa? Si decapita il consiglio in 24 ore e si sostituiscono i riottosi con persone di assoluta fiducia senza preoccuparsi dei conflitti di interesse perché il nuovo AD Renato Mazzoncini proviene da TERNA, concorrente di FS per la gestione della rete elettrica e la presidente Simonetta Giordani è stata fino a ieri un pezzo veramente grosso di Benetton Autostrade (Responsabile dei rapporti istituzionali)

E’ veramente una mera operazione di cassa? Per 4 miliardi si butta via un’azienda efficiente. Si parla anche di possibili 14 miliardi vendendo anche il 40% della rete. Questo sarebbe veramente troppo.

Sarebbe troppo stupido. C’è un’altra motivazione, forse un debito di riconoscenza da pagare. Per favore non ve ne venite con l’offetra di acquisto rivolta ai ferrovieri .Tutti sanno che in Italia Agnelli controllò il suo impero col 5 3% delle azioni e dunque costruire un sindacato di controllo   acquistando le azioni dei lavoratori pagandole qualche euro in più è la cosa più semplice del mondo

La favoletta della concorrenza la vadano a raccontare ai bambini .In un settore delicato i casi sono due. L’azienda più forte stronca l’avversaria con un po’ di dumping e la incorpora ed ecco il monopolio oppure,ancora più semplice, le imprese fanno far loro un accordo di cartello ed abbiamo una forma di monopolio che impedirà per sempre l’accesso di nuovi concorrenti

Esiste in Italia un parlamento? Chi per primo chiede conto e ragione di questa piratesca manovra dai contorni poco chiari che no a caso desta gli entusiasmi di Confindustria. La stessa risposta dei sindacati è timida. Proteste verbali ma poca azione. Si badi che la questione non riguarda solo i ferrovieri che vedono messa in discussione la loro condizione di lavoro ma l’intera economia nazionale. Quando negli anni ’60 il governo, preso da follia motoristica e sotto la pressione della Fiat voleva sopprimere la rete ferroviaria quasi al completo con l’argomento che il treno era un residuo dell’800  che andava sostituto dall’auto, lo SFI CGIL e gli altri sindacati organizzarono uno sciopero a scacchiera in cui i compartimenti scioperavano in coppia, Napoli e Firenze ad esempio. Furono giorni di fuoco ed il comitato centrale dello SFI fu denunciato in loco per interruzione di pubblico servizio. Fortunatamente la Magistratura non si prestò a quella indegna manovra.

La memoria degli italiani è corta. Repetita iuvant.

Per la precisione io non sono contrario alle privatizzazione per ragioni ideologiche. Si possono anche fare, ma questa manovra puzza d’imbroglio.Il Governo vada in Parlamento e spieghi… se ha argomenti.

In faccende così delicate il Parlamento ha il diritto ed il dovere di pronunciarsi. Se crediamo nella democrazia

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