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LE DONNE NELLA CHIESA, UN VALORE AGGIUNTO DA LIBERARE: IL COMMENTO DI PADRE DOMENICO PIZZUTI.

Le risposte “possibiliste” di papa Francesco giovedì 12 maggio all’assise mondiale delle Superiori degli ordini religiosi femminili per una più ampia partecipazione delle donne nella vita della Chiesa, oltre la soddisfazione per alcune aperture alle richieste provenienti non solo da queste religiose, devono calarsi anche nella vita delle chiese in Italia, talvolta sonnolente e routinarie in percorsi scontati e tranquillizzanti.
Oltre una maggiore partecipazione femminile alla vita della chiesa, riguardanti ruoli di leadership e partecipazione alla elaborazione delle decisioni, – aspetti funzionali sottolineati dallo stesso papa Francesco – la richiesta più importante e coraggiosa da parte delle Superiori degli ordini religiosi femminili riguarda “un modo per separare dall’ordinazione sia i ruoli di leadership che la predicazione all’Eucarestia in modo che la Chiesa possa essere più aperta al genio delle donne”.
Una richiesta “possibilista” da parte di queste Superiori, anche se la questione da anni sottaciuta e non affrontata pubblicamente dalle stesse comunità cristiane e dai cosiddetti nuovi movimenti religiosi, chiaramente riguarda la partecipazione delle donne alla liturgia, alla predicazione nell’Eucarestia, e la stessa ordinazione delle donne al diaconato ed al sacerdozio di cui a suo tempo ho offerto un’argomentazione possibile a favore delsacerdozio femminile non smentita.
Nelle risposte di papa Francesco a queste richieste, non solo si afferma che si devono studiare meglio le questioni liturgico-dogmatiche in materia, ma ripetutamente “che dobbiamo andare avanti”, “si deve andare oltre”, ed anche in riferimento alla predicazione delle donne nella Celebrazione eucaristica, non essendoci l’ordinazione delle donne, “si può studiare di più e spiegare di più questo che molto velocemente e un pò semplicemente ho adetto adesso”. Il merito di queste riposte di Francesco è che non si dà nulla per scontato, tradizione e dottrine formatesi nei tempi si possono ristudiare, rivedere ed andare oltre per rispondere alle richieste del corpo della chiesa.
In vista di un’attuazione di questi orientamenti, specie nella chiesa italiana, non ci deve essere solo un movimento Top-down” ma anche “Bottom- up, cioè dall’alto in basso ma anche dal basso in alto in comunità cristiane vive, perchè le questioni in campo non possono essere solo argomento di qualche commissione di studio formata di esperti. Interessano la vita delle comunità cristiane locali e territoriali, movimenti ed organizzazioni ecclesiali, e quindi vanno discusse ed approfondite da tutte queste realtà, perchè non interessano solo delle élite religiose; queste si fanno portavoce di sensibilità e richieste diffuse per un riconoscimento non solo funzionale delle donne nella vita della chiesa.
A prescindere dall’ordinazione delle donne da non escludere ed approfondire, si può attuare una più ampia partecipazione delle donne negli nei vari consigli parrocchiali e decanali già previsti e non sempre messi in atto, e nelle istituzioni ecclesiastiche per superare il clericalismo autoritario e centralizzante dei maschietti preti, e nel contempo sperimentare con intelligenza e creatività – data l’occasione – modalità di predicazione in particolari liturgie da parte di donne preparate e riconosciute dalla comunità.
Per superare ostilità, pregiudizi ed impreparazione nei confronti della predicazione delle donne nella liturgia ma non solo, a nostro avviso, potrebbe giovare una risistemazione degli spazi dedicati alla liturgia, con un ordinamento possibilmente circolare dei partecipanti con il sacerdote e vari ministranti che dia maggiormente il senso della convivialità della celebrazione della Cena del Signore, in cui la parola e la stessa predicazione delle donne sarebbe più accettabile in una circolarità di partecipazione. Rimane un sogno ed una meta da perseguire potere vedere realizzato il servizio di donne e uomini nelle celebrazioni liturgiche, non fanno male a nessuno anzi esprimono una compiutezza di umanità secondo il disegno del Creatore (“E Dio creò l’essere umano a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò”, Genesi 1,27). Donne consacrate o meno figlie di un Dio minore anche nella Chiesa?
Un presupposto di una più ampia partecipazione di donne e uomini alla vita della Chiesa specie in Italia è certo una crescita di conoscenze religiose, teologiche, bibliche, morali, liturgiche e così via da parte dei Christifideles, per superare un mutismo acquiescente e prendere parola con consapevolezza. In fondo si tratta di sviluppare un approccio a queste esigenze diversamente diffuse dal punto di vista della comunità cristiana, non solo per i ruoli funzionali, ma sopratutto in riferimento alle vocazioni che in essa si manifestano per opera dello Spirito (se ci crediamo), che comprenda anche vocazioni femminili al diaconato e sacerdozio, spogliato di un’aura di sacralità, da discernere e sperimentare per mettere a servizio della comunità doni e servizi.
Decenni addietro in alcuni ospedali degli Stati Uniti  ho spesso incontrato “cappellane” per i servizi religiosi agli ammalati; una di essa interrogata da me sul perchè si dedicasse a questo servizio in ospedale rispose It is my vocation, e vi si era preparata per tre anni. Anche nel territorio di mia residenza, in piccole comunità ho incontrato donne anche giovani che preparavano tutto per le celebrazioni domenicali, dalla preparazione dell’altare, alle letture, ai canti, all’ordine dell’assemblea, dedicando uno dei miei primi post del blog “Pensieri in libertà” tre anni fa a queste “Madri della Chiesa”. Forse mi devo aggiornare per riconoscere questo diaconato ecclesiale materno senza pretese.
Le riforme che riguardano strutture profonde (Gestalt), come quelle dei ruoli di donne e uomini, non solo nel campo religioso, richiedono tempi lunghi, non bisogna rinunciare nella vita e cultura della chiesa a riflettere, discutere, sperimentare, perchè una più ampia partecipazione delle donne alla vita della chiesa fa emergere la riccchezza femminile. Se non si vuole riconoscerla come questione di giustizia, è certo un guadagno di umanità per tutti. Un valore aggiunto.

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