Officina delle idee

Lettera di un bambino sopravvissuto alla catastrofe del Rigopiano.

E’ un mercoledi. Io ho 8 anni, sono con Mamma e Papà siamo al Rigopiano. Sai, ho un po’ paura. Trema sempre il pavimento. Mamma dice che non devo preoccuparmi è un semplice terremoto, “la terra è un po’ nervosa” mi sussurra all’orecchio papà.
Lo abbraccio forte.
C’è un signore con la cravatta piuttosto agitato, deve essere il capo qui. Parla al telefono “Non bastano gli spazzaneve, la situazione sta degenerando” urla.

Alle 15 siamo pronti per andare via. La mamma mi accarezza la guancia. Papà ha pagato quel che c’era da pagare e parla con le altre persone. Sono tutti impauriti. Ci sono altri bambini. Mamma mi dice sempre di essere felice. Ma lei ora non lo è.
E io ad 8 anni non posso sapere che mi succederà nelle prossime due ore.

Odiavo il rumore dei Camion. Sono troppo rumorosi. Ma papà mi diceva che dove stavamo noi i camion non potevano arrivare. Ma papà perchè mi prendi in giro? Io lo sento, si sta avvinando.
Non bussa.
Guardo mamma e papà, e gli altri “grandi” presenti nella hall. Loro sanno cosa sta succedendo.
Ma io non posso saperlo. Non posso saperlo che questo Hotel tra 10 secondi verrà abbattuto da un valanga.

Apro gli occhi. sarà passata qualche ora. Mamma e papà non sono con me. Ho tanto freddo. Dicono che da bambini è tutto più bello, ma non è tanto vero alla fine.
Sono dietro una poltrona di colore beige come il cane che mi ha regalato Nonno Mario.
C’è un signore steso davanti a me. Starà dormendo, non si muove.

Sento dei rumori. Chiedo a mamma di aiutarmi, ma lei non è più in questa stanza.
Inizio a sentire un brivido caldo, è un raggio di sole che entra da un crepa.
C’è un signore con un vestito rosso buffo, mi tende la mano. Mi porta fuori. I suoi amici, vestiti come lui, sorridono ed applaudono.
Mi regala il suo cappello giallo. Sopra c’è scritto Vigili del Fuoco..

Chiedo di mamma e papa’. Mi accarezzano, ma nessuno mi risponde.
Chiedo al signore che mi ha regalato il cappello, se puo’ portare in superfice mamma e papà per regalare un cappello anche a loro.
Mi dice che non è possibile.
Gli chiedo se comunque me ne puo’ regalare un altro. Non esita nemmeno un secondo. Ora possiedo due cappellini gialli.

Una settimana dopo mi mettono dietro a due scatole lunghe di colore marrone. Io sono il primo. Dietro di me c’è forse tutto il quartiere che piange.
Ho sentito che quelle scatole lunghe si chiamano bare.
Su una c’è la foto di mamma, sull’altra quella di papà.
La nonna piange e mi stringe forte.

Appoggio sulle due bare, i due cappellini che mi ha regalato l’eroe che mi ha salvato.
Ora ho capito, ho perso mamma e papà..

A qualche chilometro da noi si è consumata una tragedia. Ho scritto questa lettera immedesimando la mia persona in quella di un bambino di 8 anni che in un attimo vede svanire le due figure che l’avrebbero formato. La mamma ed il papà. Spero che queste parole possano sensibilizzare. La vita è un attimo. Dobbiamo imparare ad essere più buoni col prossimo e sorridenti sempre, in ogni momento. Perchè quelli che noi chiamiamo problemi, sono nulla di fronte a queste catastrofi.
Purtroppo i fatti NO, ma le persone in questo racconto sono frutto della mia immaginazione.

Giuseppe Ventura.

 

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