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Ludopedagogia: il metodo di Ariel Castelo contro il fascismo, il razzismo ed il sessismo

Abbiamo voluto dedicare uno spazio al racconto di un metodo, la “ludopedagogia”. Il fondatore è Ariel Castelo un uruguaiano che ha vissuto la repressione della dittatura militare negli 70 – 80. Il metodo è basato sulla introduzione del gioco come strumento di relazione con gli altri e come strumento di analisi introspettiva per scoprire i propri limiti e le proprie potenzialità senza sovrastrutture.

Ce lo racconta Valentina Pescetti responsabile dell’associazione “Le Barbe della Gioconda” con sede a Roma e a Bologna che sta diffondendo in Italia l’esperienza della ludopedagogia secondo il metodo elaborato da Castelo. L’Associazione nasce dall’incontro umano e dalla condivisione di obiettivi e modalità di lavoro con il Centro de Investigación y Capacitación La Mancha (Uruguay), ed in particolare con il fondatore della Ludopedagogia Ariel Castelo.

L’associazione lavora e fa formazione su tutto il territorio italiano collabora in Campania anche con l’associazione “Il Cappello e l’elefante” di Aversa quest’ultima in particolare ha incentrato la sua attività sopratutto ponendo l’attenzione al mondo dei bambini e degli adolescenti.

La ludopedagogia, però, è rivolta in prima battuta agli adulti, il genere umano riesce ad evolvere e a crescere provando a modificare condizioni di vita non accettabili, provando a superare i limiti che sono imposti dalla cultura, dalla società e dagli schemi mentali di ciascuno: il gioco è uno strumento fondamentale per fare questo lavoro.

La diffusione del metodo è molto sentita in Europa, in Italia si registrano i primi timidi segnali, anche perché se i feedback sono positivi dalla cosiddetta “prima linea” è invece difficile ottenere il sostegno delle istituzioni per i drastici tagli a chi lavora nel sociale.

Per diventare formatori in ludopedagogia bisogna fare un percorso di almeno 4 anni, in Uruguay c’è un corso di laurea dedicato, in Italia, dal 2009, si stanno proponendo percorsi di formazione annuali, ma non essendovi sostegni da parte delle istituzioni per completare la formazione bisogna, ancora spostarsi in Uruguay.

Ariel sei in Italia per la prima volta, come ti è venuta l’idea della ludopedagogia?

Ho iniaziato 30 anni fa. Tutto è iniziato come una necessità personale, ma anche sociale legata alla dittatura militare che padroneggiava in Uruguay negli anni 70 – 80, come un giovane che cercava un modo diverso di resistere alla repressione. Ho trovato il gioco come un fenomeno umano che offre un modo speciale per relazionarsi con gli altri.

Come ti ha cambiato la vita?

Mi sembra che mi abbia aperto la sensibilità che mi ha permesso soprattutto di sviluppare la fantasia perché nel gioco è premesso creare tutto, non è necessario essere razionali e logici.

Come cali la fantasia nella realtà? 

La fantasia amplifica la realtà. Culturalmente, siamo rigidi rispetto a quello che è, e quello non è; rispetto a qullo che sta bene e a quello che sta male; rispetto a quello che si è e quello che si deve essere. Quanto giochi puoi essere ciò che sei, affronti la vita reale.  

Da dove viene questa tua gioia, sei credente?

No, io vengo da un paese molto particolare dell’america latina, è l’unico paese maggioritariamente ateo. Io non sono religioso, ma ho molta fiducia nelle persone, nei bambini, nei ragazzi e nelle persone adulte, combatto la sofferenza con la gioia… ricordo una frase di Sarte che dice: potrei solamente credere in un Dio che sappia danzare… se Dio sa ballare io posso credere in Lui.  

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