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LUMIA:” I MILLE VOLTI DI COSA NOSTRA.NESSUN CAPO DEI CAPI DA CELEBRARE.”

di Giuseppe Lumia

Provenzano è morto. Mi auguro che adesso non venga santificato o trasformato in un mito, un “capo dei capi” da celebrare. Sono sicuro che lo Stato impedirà un sontuoso funerale, magari proprio a Corleone. Provenzano è morto e con lui alcuni dei principali è più importanti segreti di Cosa nostra. Quelli, ad esempio, sulle collusioni con le “alte sfere” della politica e dell`economia. Provenzano è stato un boss dai mille volti. Considerarlo solo come uno dei tanti capi di Cosa nostra non ci farebbe cogliere la sua valenza criminale, la funzione che ha svolto al vertice dell`organizzazione e le numerose responsabilità che ha condiviso insieme a Riina e ai vari boss della mafia.
Provenzano è stato u tratturi. È questa una delle facce del boss, quella dell`uomo estremamente violento che
passa sopra tutto e tutti. È stato ínfattí il responsabile di centinaia di delitti, operativo nella strage di Viale Lazio, uno dei principali mandanti delle stragi di mafia del `92/`93 e dei più efferati delitti. Ricordo a tutti che a Bagheria, presso la fabbrichetta della famiglia dei boss Greco, considerata l`ufficio operativo di Provenzano, si uccidevano e squagliavano nell`acido i nemici dei corleonesi durante la lunga guerra di mafia.
Provenzano è stato u ragionieri. Immagine opposta, ma non in contraddizione con la prima. Uomo abile politicamente a costruire relazioni con gli apparati, con la politica, rappresentante di una corrente di Cosa nostra, magari diversa dallo stesso `dina, ma mai in contrapposizione a lui. Lo stesso Riina ha più volte confermato anche di recente il sodalizio inossidabile con Provenzano.
Provenzano ha saputo trattare con lo Stato, reggere l`intricato rapporto con i servizi, guidare una difficile
transizione di Cosa nostra verso quella attuale, che preferisce gli affari e le collusioni con le istituzioni
piuttosto che gli omicidi e le stragi. Senza mai dimenticare che quando è necessario colpire non si è mai tirato indietro, come molti fatti dimostrano, compresa la decisione di eliminarmi.
Provenzano il religiosa L`uomo della tradizione, quello che scandiva la sua giornata con la scrittura dei famosi pizzini, attraverso i versetti della Bibbia. Un Provenzano tutto “casa e chiesa”, tipico di un certo modo di pensare di Cosa nostra. Una “religione mafiosa” che tuttavia non si contrappone alle altre, ma che come un parassita pensa di svuotarne regole e responsabilità fino a succhiarne il sangue e il midollo e manipolare 1` idea stessa di religione, di Stato e di società civile che si è affermata nel corso della storia moderna.
Manca il “Provenzano collaboratore”. Forse sarebbe stato impossibile, ma con i miei occhi e con le mie orecchie nel carcere di Parma a 30 centimetri di distanza ho colto in Provenzano un`apertura senza precedenti. Un`apertura che lo Stato doveva verificare fino in fondo, piuttosto che scatenare polemiche, fughe di notizie e divisioni. In quell`occasione mi stupì la reazione dei figli, che piuttosto che incoraggiare il padre alla collaborazione si sono solo preoccupati di smentirlo e di mettere le “mani avanti”, a scanso di equivoci, in modo tale che gli equilibri non venissero fatti saltare in aria e lui potesse portare così nella sua tomba i segreti inconfessabili che ha vissuto da protagonista.
La sua latitanza è stata da record, così come la sua tenuta ai vertici dell`organizzazione. È riuscito a
sopravvivere alle mille guerre di mafia e ha saputo in modo perverso gestire affari, relazioni, omicidi e stragi. Insomma, Cosa nostra però continua e va avanti con lo stesso Riina, Matteo Messina Denaro e i tanti boss “fine pena” che sono ritornati ad “infestare” il territorio.

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