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MAFFETTONE: “TROPPA PAURA DELL’OVVIO, COSI’ NON ESAUDIAMO IL TURISTA”

L’amara verità che constato ogni volta che torno da un viaggio è quella di un diverso modo di gestire le ricchezze: città anche bellissime ma con pochi monumenti finiscono per avere un risalto di gran lunga maggiore rispetto alla nostra Napoli, tesoriere senza fondo, e più in generale alla Campania. Com’è possibile? Difetto di organizzazione? Mancanza di senso del marketing? Anche se le recenti affermazioni del sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, circa i 400 mila turisti che avrebbero visitato Napoli in ferragosto fanno ben sperare, non possiamo non constatare come sia davvero incresciosa la situazione che ci vede primeggiare in teatro, musica, arte e cultura in genere, eppure difettare quanto al saper far fruttare le nostre peculiari bellezze.

Sulla stessa linea anche il filosofo nonché direttore del dipartimento di scienze politiche della LUISS Guido Carli, dove insegna filosofia politica, Sebastiano Maffettone, consulente per la cultura del novizio governatore della Regione Campania Vincenzo De Luca: “Vanno bene anche cento Gomorra, ma c’è anche molto altro. Tanta poesia e bellezza, che merita di emergere. Non dobbiamo aver paura dell’ovvio. È un vizio che colpisce spesso le istituzioni: vogliamo essere sofisticati, così non ci rendiamo conto che il turista che sta qualche giorno in città, il crocierista che decide di fermarsi, non cerca solo lo studio di Marcello Gigante sui papiri ercolanesi (che io adoro). Ma vuole anche sentire la canzone napoletana, vuole vedere rappresentato Eduardo e la sua “Filumena Marturano”, tradotta in tante lingue. Ecco, io trovo singolare che in una capitale mondiale del teatro come Napoli non ci sia una sala dove, per tre o quattro volte alla settimana, non sia rappresentato un testo di Eduardo, magari con i sottotitoli in inglese, o un concerto delle nostre più grandi melodie”. Un esempio su tanti, quello offerto dallo studioso che ha scelto di non essere assessore e che ama definirsi, più che intellettuale di sinistra, “filosofo di ispirazione politica socialdemocratica e liberal” come riferisce al quotidiano La Repubblica; un esempio che spalanca la porta a una dovuta riflessione sui recenti modi di gestire il nostro patrimonio e sulle possibili alternative.

La voglia non manca: “Ho girato molto in questi giorni, Napoli e Campania. – ha continuato Maffettone – Ho visto artisti, teatranti, intellettuali, direttori di musei e tanti altri ne incontrerò. Sono tornato per due volte a Pompei, alla Reggia di Caserta, al Museo Archeologico. Soprattutto, sono stato colpito dalla qualità di dirigenti regionali che non solo sono attivissimi e mi chiamano di sabato sera d’agosto per dire “ci siamo dimenticati quella cosa”, ma hanno voglia di partecipare e sentire il tuo parere. E più ascolto e osservo, più vedo crescere i nostri “intangible assets”, quei beni non tangibili ma che anche nelle grandi multinazionali, da Coca Cola ad Amazon, sono considerati patrimonio fondamentale. Fanno capitale, sono risorse economiche ed umane”.

“La vicenda dell’Archeologico è emblematica: – dichiara ancora Maffettone –  è la più importante collezione di antichità, ma a Pompei ci vanno in 2 milioni e mezzo, anche sostenendo file incredibili sotto il sole e a via Foria in pochi: perché? E soprattutto: c’è una relazione virtuosa di comunicazione tra una realtà e l’altra? A Pompei, c’è qualcuno che dice: andate a Napoli a completare questo incredibile viaggio, troverete anche altri mosaici, e gli affreschi di Ercolano?”. Certo, a questo concorre l’aspetto che fa di Pompei un che di straordinario, unico al mondo, quella sensazione di vita vissuta, di città fantasma che riprende vita grazie a un mix stregonesco di immaginazione e suppellettili-ricordo, stanze di vita privata aperte alla memoria del tempo. Eppure, stupisce comunque che, nonostante le ovvie differenze, un Museo strabiliante come quello Archeologico di Napoli sia così poco visitato. Una “crisi” che rientra certamente in quella più generica italiana, a cui si sta cercando di rispondere come sappiamo con l’apertura internazionale.

Proprio dalle altre nazioni, l’Italia dovrebbe cogliere lo spirito di organizzazione: “È il nostro fervore artistico che deve essere unito a una capacità di organizzazione e di narrazione migliori, diversificate”, ha commentato Maffettone. Come farlo? Come cominciare? Un inizio potrebbe esserlo quello dei “film in anteprima, delle serate nei musei, degli spazi per artisti” confessati da Maffettone come idee d’apertura: “A metà settembre presenteremo in anteprima nazionale a Napoli il film su Carditello, “Bella e perduta”, pellicola di Pietro Marcello che ha commosso la platea di Locarno, solo pochi giorni fa. L’ho visto, è bello. Non solo è un docu-film di fascino, ma anche la storia emblematica di un bene sottratto al disfacimento e alle camorre. Posso anche anticipare che il 10 ottobre, per la giornata della Cultura, stiamo lavorando ad una passeggiata quasi notturna che leghi, anche fisicamente, il Museo Nazionale Archeologico, tesoro unico, al contemporaneo del museo Madre”.

Maffettone, napoletano con 40 anni di residenza a Roma sulle spalle, eppure ancora il sarto, il dentista, il camiciaio nella città d’origine, l’uomo dal tifo azzurro e dalla passione per Benedetto Croce, non poteva non uscire da lui la volontà di unire “le istituzioni con lo spirito del popolo”, il sogno di vincere la sfiducia che il napoletano da tempo immemore nutre verso la società politica e verso l’Altro in generale: “Facciamo rete, rendiamoci conto di avere le capacità, facciamolo sapere agli altri, cooperiamo, invece di essere sempre in conflitto tra noi. Direi anzi che questo è il punto centrale di quella che vedo come la mia mission”.

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