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Merkel: ‘Penso che avremo un accordo sul Recovery Fund’

 

L’obiettivo è lo stesso, una riposta “forte” e in tempi brevi dell’Europa alla crisi post coronavirus, ma le strade per raggiungerlo sembrano ancora distanti. In un’ora di colloquio nel castello di Meseberg, il premier Giuseppe Conte e la cancelliera tedesca Angela Merkel si sono trovati in sintonia sulla necessità di non ridimensionare il bazooka europeo, ma non sono riusciti a sciogliere uno dei nodi più difficili del Recovery Fund, quello delle condizionalità.

E, almeno in conferenza stampa, la cancelliera che guida l’Europa nel suo semestre più difficile e il premier che rappresenta il Paese europeo più colpito dal Covid, non hanno arretrato di un millimetro. Introdurre condizionalità impraticabili per l’utilizzo delle risorse del Next Generation Eu, ha detto Conte senza mezzi termini, “sarebbe una follia” perché comprometterebbe “l’efficacia” del progetto e “ostacolerebbe la ripresa europea”.

Al centro del dibattito c’è la proposta del presidente del Consiglio Ue Charles Michel che dà ai 27, a maggioranza qualificata, l’ultima parola sulla valutazione della Commissione europea per gli stanziamenti. Una “buona soluzione”, per Angela Merkel, che punta a non intaccare la quota del fondo, facendo digerire la pillola ai frugali attraverso una serie di paletti sul come e perché tali fondi verranno spesi. Fumo negli occhi per l’Italia, che non intende trovarsi sotto il tacco di un asse di Paesi del Nord.

“La proposta di Michel – ha detto Conte – è un punto di partenza che sicuramente recepisce il livello di ambizione politica necessario. Ma ci sono delle criticità, e le affronteremo a partire da venerdì”. E le criticità sono l’imbrigliamento eccessivo dei fondi a disposizione. “L’Italia è per criteri di spesa chiari e trasparenti, non stiamo chiedendo fondi da utilizzare in modo arbitrario, ma sicuramente in modo discrezionale sì”, ha aggiunto Conte, assicurando che Roma non intende sottrarsi ad un monitoraggio delle spese, quello che non vuole è che i giochi politici entrino a gamba tesa nella fase operativa del progetto. “Stiamo lavorando ad elaborare un piano di rilancio, vogliamo che abbia l’approvazione delle istituzioni Ue e poi vogliamo anche ci sia un costante monitoraggio sulla coerenza tra i programmi anticipati e l’attuazione degli stessi. Sono anche favorevole al fatto che venga coinvolto il Consiglio europeo, ma ritengo che la fase attuativa non sia competenza del Consiglio”, un organo che ha una direzione intergovernativa al livello di capi di governo e di capi di Stato.

“Non è il nostro compito entrare nel dettaglio dell’attuazione”, ha detto il premier. Ricordando peraltro i mille rischi che si annidano in una risposta inadeguata da parte dei 27, primo fra tutti il fatto che “se lasciassimo la crisi correre avremmo la completa distruzione del mercato unico e questo non conviene a nessuno”. E invitando l’Europa a proporre soluzioni e non “illusioni e paure”, quelle, ha detto, lasciamole ai nazionalisti. Il riferimento è fin troppo evidente. La strada dunque “è ancora lunga”, come ha ammesso la Merkel parlando della trattativa di venerdì prossimo, dopo aver elogiato l’Italia per la “straordinaria disciplina” mostrata durante l’emergenza Covid. Ed aver ottenuto da Conte i complimenti per la straordinaria “capacità politica e visione strategica”.

“Saremo in 27 attorno a un tavolo con un impegno verso l’Europa e con un impegno nei confronti dei nostri Paesi – ha detto la cancelliera non nascondendo che forse servirà un altro summit prima della fine di luglio -. L’arte consiste nel gettare dei ponti. E’ una responsabilità di cui siamo tutti consapevoli”. E lo è anche il premier che ha commentato con una frecciata che vale tanto per i frugali che per la vicenda Aspi, che sarebbe entrata nel colloquio al castello di Meseberg: “Più che di ponti, ci dobbiamo servire delle autostrade che già esistono. Fermo restando che se ci sono ponti e questi ponti crollano, dobbiamo saper sanzionare chi è responsabile di questo crollo”.

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