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MITI DI NAPOLI: STORIA DEL MUSEO DI CAPODIMONTE

Nel 1734 Carlo di Borbone, erede da parte di madre del patrimonio Farnese, divenuto re di Napoli, affida all’ingegnere Maggiore Giovanni Antonio Medrano la costruzione di una nuova Reggia, i cui lavori iniziano il 10 settembre del 1738. Come per altri siti reali fondamentale è la presenza del parco.

Il Palazzo Reale di Capodimonte comincia subito a vivere la sua duplice funzione di residenza di corte e sede museale. Nel 1756, infatti, vengono aperte al pubblico di studiosi e artisti le prime sale che raccolgono la collezione Farnese. Ferdinando IV, successore di Carlo, affida all’architetto Ferdinando Fuga l’ampliamento della Reggia e la cura del parco. Con l’Unità d’Italia, Capodimonte passa ai Savoia, che promuovono grazie all’azione di Annibale Sacco, l’arricchimento delle raccolte d’arte con il trasferimento di arredi e oggetti dai soppressi siti reali borbonici, tra cui il celebre boudoir di Maria Amalia di Sassonia, proveniente da Portici, o il monumentale pavimento marmoreo d’età romana dalla Favorita di Resina. Contemporaneamente si avvia anche la creazione di una galleria d’arte moderna acquistando dipinti di pittori contemporanei per lo più  napoletani. Con la morte di Sacco il tentativo di fondere le due anime di Capodimonte, come residenza e come museo, di fatto fallisce. Il palazzo, poi,  viene destinato esclusivamente per abitazione dei duchi di Aosta.Nel 1920 la proprietà del palazzo passo allo Stato, ma i Savoia continuarono ad abitarla fino al 1948 quando, terminata la guerra, si decise di destinare l’edificio a Museo. Così, terminati alcuni lavori di restauro eseguiti dall’architetto Ezio De Felice, l’inaugurazione ufficiale si tenne nel 1957.

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