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NEL BEL MEZZO DI UN NAPOLI VINCENTE(E NON GELIDO) D’INVERNO

Il Napoli è campione d’inverno, in un caldo inverno. Un mezzo titolo, del tutto simbolico, senza un effettivo valore concreto, se non quello statistico, legato all’alta percentuale di squadre che nel recente passato ha vinto lo scudetto risultando prima al giro di boa del campionato. La statistica, però, non dà alcuna garanzia tangibile di successo finale, può al massimo alimentare la dialettica degli opinionisti e le speranze di tifosi e appassionati. Eppure, proprio per il suo significato simbolico, questo titolo consente utili riflessioni. Specie perché permette di tirare i primi bilanci e, sulla scorta dei primi consuntivi, può ispirare l’organizzazione del futuro.

La prima, ovvia, banale considerazione è che vale sempre la pena di rallegrarsi quando si hanno più punti delle avversarie. Soprattutto se questo vantaggio sembra meritato, da molteplici prospettive. Senza riferirsi ai soli consueti dati quantitativi – goal segnati, differenza reti, numero di vittorie, ecc. – e prendendo in considerazione parametri quali la solidità tattica, l’eleganza e l’efficacia della manovra, la continuità lungo l’intera stagione e – volendo – anche le doti individuali fin qui espresse, la squadra di Sarri appare nel complesso quella maggiormente degna di lodi.
Sarri stesso ha svariati meriti. In primo luogo quello di aver ridato slancio e vigore calcistico e psicologico ad una squadra che veniva da un insoddisfacente finale di stagione, con tutti gli strascichi annessi, e che sembrava fare fatica anche all’inizio di questo campionato. Recuperando, per inciso, nel morale oltre che nel gioco sic et simpliciter diversi calciatori in rosa.
Ha avuto l’abilità di cambiare modulo senza intestardirsi sulle proprie idee – evitando di ostinarsi con superbia in un credo tattico iniziale e incontrovertibile, forse il vero errore imputabile al suo predecessore oltre a quel senso di incertezza, contrattuale e relazionale, che lo scorso anno ha destabilizzato i rapporti tra società, squadra e staff tecnico portando non alla catastrofe, ma a risultati non in linea con le aspettative.
Ha inoltre, con la maestria tipica del toscanaccio bastian contrario, smontato la stucchevole retorica della maglia sudata con cui era stato accolto da buona parte dell’opinione pubblica: il suo Napoli gioca davvero bene, in difesa come in attacco, e vince divertendosi e divertendo. La fatica semmai pesa sulle spalle degli avversari, che spesso sudano – loro sì – a vuoto, non senza mortificazioni.
E poi, come non considerare tanto la sanguigna simpatia del personaggio-Sarri quanto, soprattutto, la narrativa esemplare che porta con sé: il vincente che viene dalla gavetta, dopo aver tribolato in tutte le categorie, solo grazie alle sue capacità e al suo lavoro insistente, insomma, una riedizione in chiave calcistica di narrazioni dalle tinte fiabesche o epiche.
Non è dunque un caso se questo Napoli calamita giudizi favorevoli da più fronti e per molteplici motivi.
Ora la squadra è attesa dal compito più arduo in assoluto, quello di confermare gli ottimi risultati del girone d’andata. A dispetto, soprattutto, di una Juventus che incute timore e che appare in rampa di lancio. Magari con un mercato intelligente, all’insegna della saggezza di chi media tra il mantenimento degli equilibri raggiunti e la tensione al costante miglioramento, della proficua oculatezza gestionale a cui ci ha abituato De Laurentiis – e che è dettata da quelle che obiettivamente sono le potenzialità del club – ma con uno slancio in più, quello di chi ambisce a dare con coraggio l’assalto al proprio futuro.

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