Officina delle idee

PAPA FRANCESCO E “GLI SCHIAFFI” ALLA POLITICA ITALIANA. PERCHE’ NESSUNA REAZIONE DI SDEGNO?

L’opinione di Corrado Ocone, filosofo liberale.

Che Papa Francesco “faccia politica” è evidente. Ma perché la faccia proprio ora e senza suscitare le reazioni di sdegno che un tempo le “interferenze” papali generavano, è la questione da mettere a tema. A tacere, a non manifestare sdegno, sono ora proprio i cosiddetti “laici”. Al massimo è dato registrare presso alcuni di loro qualche distinguo, e un po’ di imbarazzo. Come è noto, il concetto di laicità, con la sua netta separazione di Stato e Chiesa, foro privato e politiche pubbliche, è ancipite: può trasformarsi facilmente in una nuova e intollerante dogmatica che pretende di escludere le idee cattoliche dallo spazio politico. Può trasformarsi, cioè, in laicismo.

Che gli uomini di fede, a cominciare dal Pontefice, abbiano il diritto di dire la propria e di far pesare la loro forza, dovrebbe essere assodato in una democrazia liberale. Tanto più che la Chiesa ci ha abituato da tempo a non parlare con una voce unica. Il pontefice però è anche il capo di uno Stato, particolare sia per la sua matrice confessionale sia per la sua collocazione geografica. Lo Stato vaticano è incastonato all’interno del nostro, e con l’Italia ha non solo rapporti di buon vicinato ma anche una infinità di interessi (e privilegi) in comune. In questa situazione, l’accortezza o prudenza politica ha in passato suggerito alla Chiesa di Roma di muoversi sempre con passo felpato. Cioè con quella diplomazia, di cui è storicamente maestra. Perché Francesco non ne tiene conto ed entra a gamba tesa, con una scelta dei tempi a dir poco sospetta, nel dibattito politico italiano sull’immigrazione? Diciamo che quello del Pontefice è un vero e proprio schiaffo assestato in questo momento all’Italia (oltre che ovviamente alla maggioranza governativa che sulla questione dello “jus soli” corre il serio rischio di spaccarsi).

Non dimentichiamo che “schiaffi” del genere al nostro Paese sono stati recentemente assestati, in diversi settori, da Paesi che pure sono da considerarsi nostri alleati, a cominciare dalla vicina Francia. La debolezza con cui viene percepito il nostro Stato, non capace di tutelare i propri interessi perché economicamente in difficoltà e politicamente instabile, va sicuramente considerata. In questo senso, la Chiesa sa che mai momento fu più propizio dell’attuale per affermare le pretese che ha sempre creduto di avere su uno Stato che l’ha espugnata e che si è affermato su quelli che furono i suoi territori. Facendo, fra l’altro, prevalere le sue prerogative alla luce di una forte impronta laica, se non laicista. D’altronde, la laicità (e il laicismo) si legano indissolubilmente allo Stato (e allo statalismo): per far valere la separazione fra Stato e Chiesa, bisogna che uno Stato sia forte e bisogna che in esso credano i suoi cittadini. Questa impronta, particolarmente visibile nell’età liberale, cominciò a essere scalfita dal fascismo coi i Patti lateranensi. I quali, come è noto, per impulso di Togliatti, furono pari pari riconfermati nella Costituzione repubblicana. D’altronde, le culture politiche o ideologie dominanti nella prima Repubblica furono proprio quelle comunista e cattolica, entrambe critiche, seppur per diversi motivi, dell’Italia liberale o prefascista.

da Formiche

Potrebbe piacerti...