Economia e Welfare

Perchè l’ex ponte Morandi è diventato ora un caso politico?

A meno di una revoca dell’ultimora della concessione autostradale, il 29 di luglio le chiavi del nuovo ponte di Genova, quello progettato da Renzo Piano per ricucire la ferita aperta dal tragico crollo del Morandi, il 14 agosto 2018, saranno affidate ad Autostrade per l’Italia (Aspi).

Lo ha chiarito la ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli, che ha confermato la lettera mandata al sindaco e commissario Marco Bucci: “Confermo che il nuove Ponte Morandi sarà gestito da Autostrade. Ho scritto io la lettera al sindaco Bucci. La gestione va al concessionario, che oggi è Aspi ma sulla vicenda c’è ancora l’ipotesi di revoca”, ha detto intervenendo a Radio 24.

Un atto, quello della ministra, che subito solleva un caso politico con gli attacchi delle opposizioni ed esponenti di primo piano del M5s che prendono le distanze da De Micheli, rilanciando la revoca della concessione autostradale ad Aspi.
Il primo a commentare, su Facebook, è il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti. “Ebbene, dopo due anni di minacce, immobilismo, proclami, giustizia promessa e rimandata il ponte di Genova verrà riconsegnato proprio ad Autostrade, come ha ordinato il Governo M5s-Pd. Voi ridate il ponte ad Autostrade senza ottenere nulla. Noi continuiamo a lavorare per l’interesse dei liguri. E intanto per la tragedia del Morandi e per le sue 43 vittime nessuno ancora ha pagato. Mentre a Roma litigavate, noi in Liguria almeno abbiamo ricostruito il ponte. Forse abbiamo ringhiato meno di voi… ma visti i risultati…”, il suo post.

Anche il leader della Lega, Matteo Salvini, non perde l’occasione per attaccare la componente M5s dell’esecutivo: “Confermata la concessione ad Autostrade? Cosa non si fa per salvare la poltrona, 5Stelle ridicoli e bugiardi, due anni di menzogne e tempo perso: colpa di Salvini anche questo?”. Di nuovo dal fronte Fi, stoccata dal portavoce dei gruppi di Camera e Senato, Giorgio Mulè: “Non ci sono chiacchiere o dietrologie da fare: il Movimento 5 stelle per l’ennesima volta è stato smentito dai fatti, il populismo si è infranto sulla realtà, sulle regole dello Stato di diritto. Conte ha preso in giro il popolo presentandosi a Genova due giorni dopo la tragedia e dicendo “mai più Benetton”.

Dal file del M5s, a parare le critiche – rilanciando però un tema che spacca la maggioranza – interviene Vito Crimi che su Twitter scrive: “Il ponte di Genova non deve essere riconsegnato nelle mani dei Benetton. Non possiamo permetterlo. Questi irresponsabili devono ancora rendere conto di quanto è successo e non dovrebbero più gestire le autostrade italiane. Su questo il Movimento 5 stelle non arretra di un millimetro”. E l’ex ministro e senatore, Danilo Toninelli, a ruota riaccende le polveri: “Salvini e la Lega sul Ponte di Genova devono solo tacere. Nel Conte1 si sono opposti alla revoca quando avrebbero potuto votarla col M5S. Hanno sempre frenato e messo i bastoni tra le ruote. Ora il Pd non faccia come Salvini e ci permetta di togliere ai Benetton le nostre autostrade”.

Il fronte grillino si allarga via via, mentre gli ex sfollati riuniti nell’associazione Quelli del Ponte Morandi si dicono “basiti” per questa decisione che “è una sconfitta della politica”. Segue lo spartito la senatrice M5s Barbara Lezzi: “Il ponte di Genova gestito da Autostrade? No, ministra De Micheli, proprio no. È inaccettabile così come è inaccettabile questa attesa nel prendere una decisione”, il post su Facebook. E ancora il capogruppo del Movimento alla Camera, Davide Crippa: “Sarebbre uno schiaffo ai parenti delle vittime”. “Rinviare non significa risolvere i problemi! Il conto, salato, alla fine si paga sempre. I cittadini ci hanno eletto per cambiare e decidere e non per avere “l’anime triste di coloro che visser sanza ‘nfamia e sanza lodo” #NonInMioNome #ViaIBenetton”, scrive su Twitter Stefano Buffagni, viceministro allo sviluppo economico. Buffagni cita la definizione degli ignavi di Dante.

Sul nuovo viadotto sul Polcevera si gioca infatti una partita più ampia che riguarda il rapporto tra il governo e la società controllata dalla holding Atlantia, che fa capo alla famiglia Benetton. Oggetto del contendere: l’intero pacchetto di concessioni autostradali affidato ad Aspi, oltre 3 mila chilometri e 200 stazioni di servizio lungo lo Stivale. Sul punto, il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha chiesto di arrivare a una decisione in tempi rapidi: “Sulla concessione delle autostrade il governo ha lavorato senza sosta. Dopo aver raggiunto un risultato importantissimo, con il nuovo ponte Morandi costruito in meno di due anni, adesso è arrivato il momento di decidere, possibilmente entro questa settimana”, ha spiegato in un giro di telefonate fatte stamane.

Oggi è atteso uno snodo importante della partita. La Corte Costituzionale dovrà decidere del caso che le è stato sottoposto dai giudici del Tar della Liguria, cui si era rivolta Aspi, per lamentare l’esclusione – stabilita dal decreto Genova – dal lotto di imprese che avrebbero potuto demolire il Ponte Morandi rimasto in piedi e procedere alla sua ricostruzione. Secondo i giudici amministrativi “l’esclusione dalle attività di demolizione del ponte Morandi e di ricostruzione di un nuovo viadotto, insieme all’imposizione di prestazioni patrimoniali di ingente importo statuite ex lege, paiono configurare una restrizione della libertà di iniziativa economica”.

Il Tribunale amministrativo regionale aveva stabilito che il decreto Genova presentava anche profili di illegittimità costituzionale perché basato su “una meramente potenziale e nemmeno in via latamente indiziaria accertata responsabilità di Aspi” nella causa del crollo del viadotto che il 14 agosto 2018 aveva causato 43 vittime.

Se la decisione della Consulta dovesse anche parzialmente pendere dalla parte di Aspi, sarebbe probabilmente un elemento di peso da mettere sul tavolo della trattativa con il governo. Come ricostruito da Repubblica nei giorni scorsi, dentro l’esecutivo sarebbe ormai dominante la linea che vuole evitare la revoca della concessione tout-court (complicata per le questioni giuridiche e il possibile maxi-indennizzo da dover versare) in cambio di impegni di Aspi su investimenti, sconto sulle tariffe, manutenzione. Con il possibile rimpasto azionario nella catena di controllo (discesa di Atlantia per far posto a Cdp e un fondo infrastrutturale), l’accordo sarebbe a portata di mano.

Il premier Giuseppe Conte, presentando il decreto Semplificazioni, ha fatto capire che ancora non ci siamo e che – in assenza dell’accettazione delle condizioni poste dall’esecutivo – la revoca resta sul tavolo. Ma la decisione della Consulta potrebbe spegnere anche gli ultimi ardori della parte politica che da tempo chiede la revoca delle concessioni.

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