Battaglia
Economia e Welfare

Pozzuoli carcere in salute, Fuorni da incubo. Le visite ispettive dei Radicali per il Mezzogiorno Europeo

I Radicali per il Mezzogiorno Europeo hanno visitato, sabato 10 novembre, le carceri di Pozzuoli e di Fuorni. Le ispezioni hanno concluso la due giorni che si era aperta venerdì 9 con le visite ispettive a Poggioreale e Secondigliano. Il carcere femminile di Pozzuoli conta al momento 174 detenute nonostante una capienza regolamentare di 109. Di queste, 45 sono straniere e dieci hanno meno di 25 anni. La maggior parte delle detenute sono “definitive” anche se c’è un intero reparto dedicato alle detenute in attesa di giudizio. Nella struttura sono presenti solo detenute di media sicurezza con l’aggiunta di alcune detenute cosiddette “protette” ma solo in via eccezionale. Questo perché il reparto ufficialmente destinato alle detenute protette si trova nel carcere di Benevento; gli ingressi totali nel 2017 ammontano a 264 mentre le uscite totali a 269 quindi ingressi e uscite si compensano. La polizia penitenziaria è presente con 100 agenti in servizio, rispetto ai 135 previsti dalla pianta organica.

Le camere prevedono dai quattro fino a un massimo di dodici letti e sebbene i tre metri quadri calpestabili a persona (previsti dalla sentenza Torreggiani del 2013) siano rigorosamente rispettati, molte detenute evidenziano tra le principali criticità della struttura, la difficoltà di gestione degli spazi comuni con particolare riferimento all’unico bagno previsto in ciascuna cella. Tale problematica acuisce le possibilità di dissidio tra le detenute e aumenta la tensione. Questo soprattutto se in una cella che ospita dodici detenute c’è bisogno di fare turni per la doccia fin dalle 6 del mattino. I colloqui si svolgono tutti i giorni e oltre a quello fisso ogni settimana, le detenute hanno diritto ad un ulteriore colloquio premio; per i bambini è prevista un’area verde attrezzata con giochi e ben curata. E’ presente inoltre un reparto per la tutela e la cura delle detenute affette da disturbi di natura psichiatrica per un totale di otto posti.

Il carcere di Pozzuoli è gestito secondo la filosofia della responsabilizzazione, quindi le detenute in alcuni reparti restano con le celle aperte da un minimo di otto ore e mezzo ad un massimo di dodici ore al giorno. Proprio in quest’ottica, la settimana scorsa il Dap ha approvato un progetto profondamente innovativo presentato proprio dal carcere di Pozzuoli. Questo prevede che in alcuni reparti del carcere, nel futuro prossimo, le detenute vengano lasciate libere di autogestirsi senza la presenza di un agente della polizia penitenziaria che resti in stazionamento fisso all’interno della sezione. Alle detenute definitive che abbiano dimostrato maggiori capacità di vivere pacificamente insieme alle proprie compagne e che non rappresentano un pericolo per sè stesse o per le altre, sarà data insomma piena fiducia. Tuttavia al fine di garantire la sicurezza delle detenute, nonché la capacità di tempestivo intervento in casi d’emergenza, sarà istallato un nuovo e più preciso sistema di videosorveglianza degli spazi comuni dei reparti.

Rispetto all’ultima visita dei Radicali, lo scorso marzo, vi sono novità per quanto riguarda l’istruzione. E’infatti sul punto di essere aperto un polo universitario, con ciò ascoltando le istanze di alcune detenute che ne avevano espressamente parlato durante il precedente incontro coi militanti dei Radicali per il Mezzogiorno Europeo. Nello specifico, sul fronte istruzione, sono previste scuola elementare e scuola media (il cosiddetto primo ciclo di studi); il biennio della scuola superiore (il cosiddetto secondo ciclo di studi); un corso d’italiano per straniere ed è in fase di avviamento il polo universitario per quattro detenute che ne hanno fatto richiesta. Nella visita ispettiva di marzo alcune detenute avevano esplicitamente richiesto che fosse fornita loro la possibilità di prendere una laurea, quindi i Radicali hanno salutato con estremo favore l’attivazione del polo universitario, a Pozzuoli e in altre strutture detentive nel napoletano, come Secondigliano.

Per quanto riguarda il lavoro e le attività svolte nel carcere di Pozzuoli, il totale delle lavoranti ammonta a  35, di cui quattro in art.21. Le mansioni consistono in lavori domestici e di pulizia all’interno del carcere ma anche lavoro in cucina. C’è inoltre la sartoria dove le detenute lavorano in un’officina che produce cravatte per la nota azienda napoletana “Marinella”. Cravatte prodotte per le divise del personale della polizia penitenziaria. Presente inoltre la cooperativa “Le Lazzarelle” che cura la torrefazione del caffè; sono inoltre previste attività sportive, yoga, decoupage, canto e teatro. Sono presenti quattro educatori più un collaboratore e due psicologi.

In merito alla Sanità dietro le sbarre, la direttrice Stella Scialpi ha evidenziato uno scollamento con i partner sanitari in merito alla gestione delle questioni di salute. Secondo la direttrice, il personale medico (provenendo dall’Asl e non essendo personale interno all’amministrazione penitenziaria) spesso fatica a tenere conto delle esigenze di gestione della struttura. Dal canto loro le detenute lamentano tempi di attesa troppo lunghi sia per le visite specialistiche che per i ricoveri presso ospedali cittadini. “Per un ricovero al reparto Palermo del Cardarelli ci vogliono almeno sei mesi per non dire due anni” ha detto il responsabile dell’area sanitaria del carcere di Pozzuoli. “Questo perché al padiglione Palermo sono previsti solo dodici posti per tutti i detenuti della città di Napoli e le donne sono ulteriormente svantaggiate poiché per ricoverare una detenuta è necessario adibire alle sue cure un’intera stanza perché sarebbe impensabile che condivida la stanza con altri detenuti uomini e questa circostanza rappresenta un problema grave.”

Nel complesso la visita nella struttura di Pozzuoli ha avuto un esito positivo con celle luminose, pulite e abitabili anche se alcune hanno piccoli problemi di umidità alle pareti. Vi è un ottimo rapporto tra personale della polizia penitenziaria e detenute, il clima è apparso sereno e solidale: gli agenti sono quasi educatori o accompagnatori lungo il percorso di rieducazione e reintegrazione. Le detenute hanno la possibilità di impegnare le proprie giornate in maniera proficua, nonché l’occasione di accrescere il proprio bagaglio culturale o di imparare un mestiere. Questo quanto fatto sapere dalla delegazione in visita.

Discorso molto diverso per il carcere salernitano di Fuorni dove i detenuti nella maggior parte dei casi soffrono, al punto che sono molto diffusi gli atti di autolesionismo, in una struttura dove scarseggiano attività di qualunque genere.

Nel carcere salernitano di Fuorni, casa circondariale che risale al 1980, sono presenti 505 detenuti di cui  48 donne e 457 uomini. In attesa di primo giudizio sono 105, gli appellanti 52 e i ricorrenti 27 mentre i definitivi sono 239; detenuti in posizione mista con sentenza definitiva sono 57, quelli in posizione mista senza sentenza definitiva 25. I Semiliberi sono 8, i giovani adulti 44  e gli stranieri 71 (14%). Dal primo gennaio 2018 ad oggi ci sono stati 264 ingressi e 269 uscite. Il carcere è composto da sei sezioni più l’articolazione salute mentale che conta otto posti.

175 agenti polizia penitenziaria sono presenti su un organico di 177 tuttavia, secondo il comandante Lancellotta, il problema sta proprio nel calcolo errato dell’organico. Secondo il comandante per la struttura servirebbero infatti molti più agenti. Il comandante sottolinea inoltre un elevato livello di assenteismo: il 30% in media. Sono presenti sette educatori e tre psicologi. I detenuti lavoranti rappresentano un quinto del totale. Di questi 35 sono impiegati all’interno dell’istituto (m.o.f. e cucina) mentre i restanti sono impiegati nelle mansioni di pulizia e trasporto vitto all’interno delle singole sezioni.

Come percorsi d’istruzione sono previsti il primo ciclo di studi (elementari e medie) e il secondo ciclo di studi dell’istituto alberghiero. Per i detenuti stranieri è previsto un corso di alfabetizzazione per la lingua italiana. Le uniche altre attività disponibili al momento sono il corso di decoupage per le donne ed un corso di legalità per i detenuti uomini. I Radicali hanno riscontrato la gravissima carenza di percorsi formativi per l’acquisizione di competenze di tipo professionale, la mancanza di un polo universitario e perfino quella di altri tipi di corsi, creativi o sportivi. La percezione è che la società civile sia completamente assente e scollata rispetto alla realtà carceraria di Fuorni. Più volte gli agenti hanno sottolineato la natura di “elemento di distrazione” dei percorsi scolastici, impostazione che i Radicali hanno definito non solo insufficiente ma profondamente errata. La detenzione non può essere un periodo di sterile permanenza all’interno di spazi ristretti, poiché ciò rappresenta un trattamento degradante nei confronti del detenuto. La permanenza in carcere andrebbe intesa alla luce del dettato dell’art. 27 della Costituzione e cioè tendere alla rieducazione del condannato, rieducazione intesa quale momento di formazione personale e professionale finalizzata ad una concreta e reale integrazione all’interno del tessuto sociale, integrazione che risulterebbe illusoria in assenza totale di possibilità di accedere al mondo del lavoro. Così ha commentato la delegazione dei Radicali al termine della visita .

La totale insufficienza delle attività proposte influenza inevitabilmente il clima all’interno della struttura: i detenuti sono rancorosi ed inquieti, i pestaggi tra detenuti sono all’ordine del giorno, moltissimi detenuti hanno raccontato ai Radicali di aver pensato più volte al suicidio e di sentirsi  impazzire non avendo nulla da fare e trascorrendo le proprie giornate rinchiusi in 6, 7, 8 all’interno di una sola cella con un unico bagno. Questo clima comporta che i rapporti con la polizia penitenziaria (soprattutto in relazione ai detenuti uomini) appaiono particolarmente tesi. In merito ai regimi di custodia, in Alta Sicurezza, i detenuti del primo piano B – art.32 dpr 230 del 2000 –  sono in totale regime chiuso mentre al primo piano A, dove vi sono detenuti tossicodipendenti, le celle sono aperte solo un’ora al giorno; i detenuti in media sicurezza (uomini e donne) godono di regime con cella aperta per otto ore al giorno circa.

Anche in questa struttura i detenuti denunciano enormi disfunzionalità sotto il profilo dell’assistenza sanitaria. Vi è innanzitutto una notevole carenza di personale medico. Nell’arco della giornata sono previsti unicamente tre medici all’interno di tutta la struttura, di cui uno per le visite programmate, uno per le urgenze ed un altro medico che invece svolge la funzione di coordinatore dell’ambulatorio. La situazione è ancora più grave dalle ore 16 alle ore 8 del mattino poiché, in quel lasso temporale, è presente un unico medico in tutta la struttura. Medico che risulta impossibilitato a far fronte a più episodi di emergenza in caso di bisogno.  Ai detenuti spetterebbero due visite di check-up al mese ma queste si riducono ad una sola visita a causa della carenza di personale medico. Il cardiologo di turno ci racconta che a suo avviso l’Asl invia spesso nelle strutture detentive giovani medici alle prime armi, non navigati e certamente non idonei a gestire un simile numero di pazienti detenuti. Inoltre spesso i medici che vengono inviati in carcere ruotano e di conseguenza viene meno quel contatto fisso con il paziente che permetterebbe invece ad un medico di avviare il percorso trattamentale più idoneo e di seguire il paziente in maniera costante. La stessa carenza di organico riguarda anche gli infermieri, molto spesso c’è un unico infermiere presente e di conseguenza le terapie non arrivano agli orari prestabiliti ma tardano anche di dodici ore.

La cucina della sezione femminile non viene utilizzata da più di due anni poiché i macchinari sono fuori uso e mancano i fondi per la sostituzione. Di conseguenza non solo le detenute vengono private di una delle mansioni meglio remunerate all’interno delle strutture carcerarie (cuoco e aiuto cuoco) ma ricevono il vitto non più caldo poiché il cibo viene preparato dall’unica cucina centrale dell’istituto che si trova in un edificio separato da quello femminile. Nella sezione femminile manca l’acqua calda da 15 giorni e le detenute sono costrette a farsi la doccia con l’acqua fredda. Le celle della sezione femminile sono decisamente meno umide e meno affollate rispetto a quelle delle sezioni maschili; i bagni sono grandi e ben attrezzati. Le celle sono da 4-5 letti. Le donne godono di un regime con cella aperta per otto ore al giorno.

Nella prima sezione maschile (sezione accoglienza per i nuovi giunti più due celle per detenuti “problematici” o riottosi) i detenuti non hanno la possibilità di usufruire di alcun tipo di corso o di istruzione né di tipo professionale né ricreativo, non possono neanche recarsi in chiesa ad ascoltare la messa. Il regime è quello delle celle chiuse salvo un’ora di passeggio al mattino ed un’ora di passeggio al pomeriggio. Tuttavia, dal momento che non è consentito che il locale adibito al passeggio (una sorta di piccolo corridoio esterno) sia frequentato da più di due detenuti contemporaneamente, ne deriva che spesso alcuni detenuti non godano del passeggio se i tempi non lo consentono.  In questo reparto non è presente alcuna stanza della socialità poiché non sono previsti spazi o momenti di condivisione tra i detenuti. I detenuti trascorrono le loro ore in cella, celle da 7-8 persone, e ingannano il tempo elaborando nuovi giochi con le carte o con dadi realizzati artigianalmente. I detenuti qui possono fare la doccia solo tre volte a settimana.

Nella sezione giudicabili maschile, le stanze ospitano 6-7 detenuti con un unico bagno senza la doccia in stanza. L’intonaco è apparso scrostato e alcune celle presentano notevoli macchie di umidità. Il bagno delle celle è angusto e fatiscente. Le camere sono miste fumatori e non fumatori e le celle sono aperte per un totale di  sette ore e mezzo circa, con due ore d’aria in un piccolo cortile interno.

Nella sezione definitivi maschile vige l’apertura delle celle per otto ore al giorno con possibilità di accedere ad una stanza della socialità munita di tavolo e sedie. Sezione tenuta un po’ meglio e pitturata da poco ma le docce dell’intero reparto sono solo due. A maggior ragione per i detenuti definitivi appare grave la pressoché totale assenza di corsi e attività (salvo primo e secondo ciclo scolastico).

Ultima tappa dell’ispezione, la sezione di transito. Sezione in teoria destinata a detenuti “di passaggio” destinati ad altre carceri ma che (dati i tempi di attesa piuttosto lunghi) finiscono per rimanere in questa sezione anche per mesi. Questa sezione prevede il regime delle celle chiuse, fatte salve due ore di aria una al mattino ed una al pomeriggio ma per i detenuti non è prevista alcun tipo di attività e nessun tipo di socialità. I detenuti passano tutte le ore della giornata in cella. Il direttore Stefano Martone non era presente (causa malattia) in struttura e la delegazione radicale è stata accolta e accompagnata dalla dottoressa Maria Parenti, vice direttrice del carcere di Secondigliano. Una struttura, quella di Fuorni, che ha lasciato parecchie perplessità alla delegazione radicale che ha riscontrato in alcuni reparti comuni la presenza di detenuti manifestanti squilibri comportamentali, pur senza patologie psichiche accertate. Lo scorso primo novembre una donna si è tolta la vita a Fuorni, dopo che nel 2017 non c’erano stati gesti estremi pur in un contesto dove sono diffusissimi gli atti di autolesionismo. Un carcere, insomma, su cui i Radicali avranno molto da lavorare.

Fabrizio Ferrante

 

 

 

 

 

Potrebbe piacerti...