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Presentato, a Napoli, il tredicesimo rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione. Torna il carcere.

Lo scorso 10 febbraio, nella cornice dello Scugnizzo Liberato, a Napoli,è stato presentato il tredicesimo rapporto sulle condizioni di detenzione redatto dall’associazione Antigone. La location dell’evento è stata perfetta ad animare la discussione in quanto lo spazio liberato di Salita Pontecorvo un tempo era l’ex carcere minorile Filangieri, abbandonato poi per anni e ripreso grazie ai ragazzi dello Scugnizzo Liberato che ne hanno fatto un centro sociale e culturale destinato alla città. Durante la presentazione sono intervenuti il garante dei detenuti della regione Campania Samuele Ciambriello, il presidente di Antigone Campania Luigi Romano, il giudice del Tribunale di Napoli Nicola Quatrano e l’avvocato penalista del Foro di Napoli Bruno Larosa.

I dati che saltano subito all’occhio sono un aumento dei detenuti all’interno dei carceri campani. Nel rapporto stipulato dall’associazione Antigone e presentato dall’avvocato Luigi Romano si registra un aumento di circa 1524 detenuti nell’arco di soli sei mesi, una media del 34,6% di detenuti in custodia cautelare e il 68,4% i recidivi tra coloro che scontano una pena in carcere. Molti dei detenuti sono extracomunitari, difatti, un altro dato che emerge è come un numero sempre più maggiore di stranieri nei carceri non possiedono una conoscenza della lingua italiana e questo crea inevitabilmente un’incomprensione nella mediazione. Si è parlato, inoltre, dei diritti che spetterebbero ai detenuti ma che molto spesso non vengono attuati del tutto, o in molti casi vi è un assenza totale. Il diritto alla salute del detenuto diventa una sfera che si attiene al sistema sanitario e quindi alle ASL. Per la Costituzione il detenuto è un cittadino e in quanto tale ha diritto ad una sanità. Accade però che non vengono potenziati i sistemi sanitari e igienici all’interno degli Istituti di pena e in alcuni carceri, come ad esempio quello di Salerno e di San Capua Vetere è capitato che mancasse uno dei beni primari come l’acqua corrente.

I minori sono stati al centro del dibattito, soprattutto per i recenti fatti che hanno colpito la città. Non a caso la discussione si è svolta all’interno del teatro dello Scugnizzo, luogo che negli anni 70-80 fu voluto fortemente dal senatore e attore Eduardo de Filippo per i ragazzi che scontavano la loro pena all’interno del carcere minorile.

<<Negli anni 80 con un gruppo di persone, in particolare Amato Lamberti, consegniamo alla Regione una legge importante in cui si pensava di creare delle alternative ai carceri minorili partendo dal lavoro – interviene il garante Samuele Ciambriello – Creammo l’associazione “La Mansarda” di cui ancora sono presidente, che metteva su a Benevento, Nisida e Colli Aminei dei luoghi alternativi ai carceri minorili. Questo perché all’epoca, come oggi, siamo convinti che una società che prende un minore dopo averlo giudicato e lo mette in un carcere minorile è una società malata che sta giudicando se stessa, la propria malattia. Questo lo dico perché tutti i riflettori sono puntati su due carceri minorili, Airola e Nisida dove all’interno sono presenti circa 90 detenuti. Di questi 90 soltanto 7 hanno l’età dai 14 ai 18 anni. Gli altri arrivano fino al 25° anno di età in cui viene data la possibilità di scontare dentro un carcere minorile un reato compiuto quando era minorenne. Non ho mai sentito parlare invece di questi luoghi alternativi al carcere dove i giudici mandano per reati minori i detenuti. Sono comunità laiche, cattoliche, di ogni genere dove ci sono 220 ragazzi dai 14 anni in su.>>

<<L’unico modo per ridurre la criminalità, è ridurre il numero dei reati. Meno sono i reati, meno ne commetteranno. Cerchiamo di parlare di come si evita il carcere e come si evita il ricorso a questa soluzione estrema che comporta un’altra serie di problemi.>> Sono queste, invece, le parole del giudice Nicola Quatrano che mira il suo intervento anche sul fenomeno baby gang.  <<Si pensa che le baby siano un fenomeno napoletano. Non è così, è molto peggio la situazione nelle periferie parigine, la differenza sta nel fatto che a Napoli si vede perché la periferia è al centro. Questi atti di violenza sono visibili nei confronti delle persone per bene. Nelle periferie parigine sono cose che succedono tra di loro, nessuno se ne preoccupa. C’è quindi una percezione sbagliata.>>   

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