Economia e Welfare

Radicali nel carcere di Ariano Irpino: lavoro e sanità le emergenze per i detenuti

Sabato 18 maggio, una delegazione dei Radicali per il Mezzogiorno Europeo ha visitato la casa circondariale di Ariano Irpino. A guidare la pattuglia radicale è stato come sempre l’Avvocato Raffaele Minieri e il gruppo è stato accolto dalla direttrice, in carica da fine febbraio, Maria Rosaria Casaburo. Con lei anche la responsabile dell’area sanitaria, Ernestina Volpicelli, l’educatrice Rita Nitti e il vice comandante della Polizia Penitenziaria, Angelo Giardino.

I numeri del carcere di Ariano Irpino raccontano di una struttura che si può definire una “finta” casa circondariale, per via dell’alto numero di detenuti in via definitiva, molti dei quali provenienti dal carcere di Poggioreale. Ad Ariano vi sono infatti intere sezioni dedicate ai reclusi (quindi non più in attesa di giudizio) i quali in gran parte provengono dal carcere napoletano e che spesso vengono spostati ad Ariano per motivi disciplinari. Inoltre va tenuto conto della capienza aumentata nel 2014, quando fu eretto un nuovo padiglione laddove sorgeva il campo sportivo. Se dall’inizio degli anni 80 al 2014 la capienza era di 180 detenuti, oggi questa è di 275 sebbene ad Ariano siano presenti al momento 339 ristretti. Di questi, 160 sono in carcere per reati connessi alla droga (artt.73 e 74) mentre 121 scontano una condanna per rapina (art.628) e una decina sono i “riottosi” ex art.32. I detenuti stranieri sono 48. In tutto il carcere di Ariano (che sarebbe una casa circondariale) vi sono appena 47 non definitivi (i definitivi sono 259) 32 ricorrenti, 14 appellanti, quattro in attesa di giudizio, 29 in posizione mista con anche una condanna definitiva e un detenuto in posizione mista senza pena definitiva. Gli agenti penitenziari presenti sono 153 laddove ne sarebbero previsti 165 dalla pianta organica. Questa tuttavia è rimasta invariata negli anni pur essendo sensibilmente aumentati i detenuti presenti ad Ariano. Al momento pur essendo arrivati dei nuovi ispettori, si ravvisa la carenza di altre figure come quella di assistente capo. Presenti ad Ariano anche alcuni ergastolani e vi è un’intera sezione dedicata ai collaboratori di giustizia.

Sul piano strutturale, il carcere di Ariano conta due padiglioni, uno risalente ai primi anni 80 quando fu eretto il penitenziario, l’altro costruito nel 2014. Vi sono in totale dodici sezioni. Le criticità riscontrate dai Radicali nel corso della visita, riguardano in particolare la mancanza pressoché totale di educatori come ha confermato anche la stessa direttrice. Gli educatori, infatti, al momento sono soltanto due. Inoltre, molti detenuti hanno lamentato l’impossibilità ad essere curati nel carcere di Ariano Irpino e di non ricevere i farmaci adeguati. Anche la direttrice, sul fronte sanitario, ha lamentato l’assenza degli specialisti all’interno dell’istituto e su tale punto si è già rivolta anche alla Procura della Repubblica. Tuttavia, almeno una volta alla settimana o ogni 15 giorni, nel carcere operano un dermatologo, un otorino, un odontoiatra, un urologo e un cardiologo. La direttrice Casaburo ha enfatizzato quella che è la carenza principale a livello di specialisti, ovvero quella dello psichiatra soprattutto alla luce della presenza di molti detenuti “border line”.

I detenuti hanno inoltre evidenziato la totale assenza di opportunità lavorative o anche di semplici corsi all’interno del carcere. Passare le giornate, pur se in regime di celle aperte (pressoché tutto il giorno con piccole pause a celle chiuse) risulta spesso difficile perché oltre a una piccola stanza per la socialità non esiste nulla. Un detenuto ha definito “cupa e chiusa” la giornata tipo nel carcere di Ariano. Gli unici lavori (svolti anche dai detenuti in articolo 21, che dunque potrebbero lavorare fuori) disponibili sono le mansioni interne alla struttura che però impiegano non più di 70 persone. Le lamentele dei detenuti hanno “risparmiato” sia il rapporto con gli agenti che la stessa struttura che appare in buone condizioni. Le celle sono da tre, quattro o talvolta cinque detenuti e tutte hanno bagno e doccia in camera. Funzionano bene anche i riscaldamenti e perfino il pavimento delle sezioni è riscaldato. Se il lavoro è assente, la scuola offre i primi due cicli e il liceo artistico con in più un laboratorio di ceramica, mentre non esistono corsi di formazione o di avviamento al lavoro.

Anche la magistratura di sorveglianza, definita “abbastanza aperta” dalla direttrice, dimostra tuttavia le sue criticità per ragioni prevalentemente organizzative. Resta il fatto che il carcere di Ariano è particolarmente difficile, basti pensare alla rivolta avvenuta a giugno di un anno fa. O ai numerosi sequestri di cellulari e droga nei reparti e agli atti di violenza fra detenuti. Possibili novità in vista per i colloqui coi parenti che potrebbero avvenire col meccanismo della prenotazione al fine di evitare attese e code estenuanti, mentre anche ad Ariano si registra l’annoso problema del sopravvitto e dei prezzi raddoppiati rispetto a quelli praticati all’esterno. I beni venduti sono tuttavia pochi, in ragione del fatto che il deposito ha bisogno di ristrutturazione. Sono presenti le cappelle per i detenuti di fede cristiana mentre un detenuto musulmano ha spiegato che a lui (e agli altri) per pregare è sufficiente voltarsi verso la Mecca.

La visita dei Radicali ad Ariano, svela un carcere con gravi problemi ma, allo stesso tempo, guidato da una direttrice non solo conscia delle difficoltà ma anche risoluta nel porvi rimedio. Quello di Ariano è il classico carcere chiuso rispetto al quale la comunità circostante (istituzioni comprese) ha deciso di girarsi dall’altra parte, in una provincia come Avellino che solo a pochi chilometri di distanza ospita un gioiello come Sant’Angelo dei Lombardi che occupa la gran parte dei propri detenuti anche e soprattutto grazie a numerosi e fecondi input provenienti dall’esterno.

Fabrizio Ferrante

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