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SALERNO , STORIA DELLA CERTOSA DI ANGRI : UN CAPOLAVORO PERDUTO

La Certosa di “San Giacomo di Pizzauto” conosciuta comunemente come “La Certosa di Angri” è uno dei luoghi simbolo della cultura e dell’arte del Mezzogiorno, ma da anni versa in uno stato di completo abbandono. L’antica struttura negli anni è stata colpita dalle guerre, e dal terremoto del 1980, oltre ad essere vittima di vandali e ladri che hanno addirittura smontato e portato via una scala di piperno che si trovava all’esterno. La Certosa è solo uno dei tanti gioielli che costituiscono il patrimonio culturale italiano che avrebbe bisogno di essere “adottato” da qualche amministrazione pubblica o da qualche privato per rinascere e diventare un prezioso attrattore culturale per il Sud Italia. Oggi, invece, la Certosa, completamente fatiscente e abbandonata, rappresenta un vero e proprio pericolo soprattutto nella parte posteriore, dove transitano molte persone, oltre a bambini che giocano nelle vicinanze dell’edificio. Il pericolo di un crollo non è da trascurare in quanto, la struttura è stata privata del tetto è soggetta ad infiltrazioni di acqua piovana. La Certosa è situata sulla strada che correndo alle pendici dei monti Lattari congiunge Angri con S. Antonio Abate è stata costruita tra il 1375-1381 da Giacomo Arcuccio, signore di Capri e gran Camerario del Regno Angioino. Arcuccio alla nascita del suo primo figlio, per ringraziamento, fece erigere tra gli anni 1371-1381, la certosa di “San Giacomo Apostolo” in una zona allora chiamata Pizzauto, ove si svolse nell’ottobre 553 la Battaglia dei Monti Lattari, l’ultimo scontro sul suolo italico tra il popolo dei goti guidati da Teia e quello dei bizantini comandati da Narsete. Tutto il feudo fu poi, donato ai monaci Certosini di Capri e fu trasformata in una Grangia, ovvero una fattoria, gestita dai monaci stessi, per lo sfruttamento dei terreni.Il grande complesso nel 1806 con la legge napoleonica che aboliva alcune istituzioni cattoliche, tra cui, l’ordine dei certosini, fu venduta prima al Cavaliere Andrea Dini, che la utilizzò come magazzino, poi venduta ai principi di Cerenzia Giannuzzi Savelli, i quali, da ultimo, lottizzarono i beni intorno agli anni 1950 e la stessa Certosa, cedendoli ai contadini del luogo.L’impianto grossomodo rettangolare presenta le quattro ali con numerosi superfetazioni e modifiche mentre l’aspetto settecentesco originario si può cogliere nell’alzato dell’ala centrale con una scala aperta fortemente caratterizzata con una loggia che continua nel corpo di sinistra, cui corrisponde, a pendant, un’esedra con finte colonne addossate, su cui si affacciano depositi.Da notare inoltre, l’oratorio e il refettorio, che presentano una decorazione neoclassica databile al primo Ottocento. L’edificio costituisce un raro esempio di masseria architettonicamente curata.Oggi dopo pesanti deturpazioni dovute all’uso, ai danni bellici e del sisma del 1980 si presenta in completo abbandono e pericolante.

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