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Se le api curassero il cancro…

La lotta contro il cancro non si ferma mai, e chissà che un giorno non si riesca a sconfiggerlo per sempre. Nell’attesa di trovare il rimedio definitivo, quello che metterà una volta per tutte una croce sulla parola tumore, a volte, si fanno scoperte sensazionali. E magari il rimedio può venire proprio da dove meno te l’aspetti: per esempio dal veleno degli animali. Cioè da qualcosa di potenzialmente assai pericoloso e temibile per l’uomo. Eppure è quello che è venuto fuori dal 248esimo convegno nazionale dell’American Chemical Society, un’istituzione nel campo della ricerca scientifica da oltre un secolo, dove si è discusso della possibilità intervenire sul tumore al seno e sui melanomi proprio grazie al veleno di alcuni animali come api, scorpioni e serpenti.

Ma il veleno, come chiunque saprà, è sempre stato conosciuto per i suoi poteri tutt’altro che curativi. È proprio questa la difficoltà che nasce dall’impiego di una sostanza altamente tossica a scopi curativi. Gli effetti collaterali derivanti dall’iniezione nell’organismo umano di tossine ricavate da suddetti veleni esistono, e consistono in danni al cuore e al cervello, nonché nella possibilità di emorragie sottocutanee. E allora, come poter ovviare a tutti questi rischi? È la domanda a cui ha cercato di rispondere Dipanjan Pan, ricercatore dell’Università dell’Illinois di Urbana-Champaign, che ha parlato di nanoparticelle contenenti veleno animale che possano giungere direttamente alle cellule tumorali “scansando” così i tessuti sani. In particolare, si tratterebbe di veleno d’api, e ancor più nello specifico di melittina, la principale componente dell’apitossina, in grado di ostacolare la moltiplicazione di cellule malate. Il dottor Pan, che da tempo si occupa di studiare la struttura chimica e molecolare di sostanze che potrebbero curare malattie cardiovascolari e il cancro, lavorando cioè nel campo della cosiddetta nanomedicina, ha spiegato che queste nanoparticelle dovrebbero arrivare direttamente ai tumori attaccandosi alle cellule tumorali ed evitando così di provocare effetti indesiderati nel resto dell’organismo.

Il cammino da compiere resta ancora lungo: potrebbero volerci dai 3 ai 5 anni per ottenere risultati concreti. Staremo a vedere.

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