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STORIA DEL GRANATELLO : LA BELLEZZA DI PORTICI

La storia dell’area del Granatello, così chiamata per la presenza di una piantagione di melograno che si estendeva tra Villa Menna ed il convento di San Pasquale, s’incrocia inevitabilmente con quella della Reggia di Portici: Carlo di Borbone, dopo aver commissionato l’edificazione della storica residenza borbonica, nel 1740 fece costruire un fortino, denominato “Fortino del Granatello”, per impedire gli attacchi esterni dal mare. In quel periodo, l’economia della città di Portici si basava per lo più sulla pesca, attività praticata sul vasto litorale. Nel 1773 Ferdinando IV, successore di Carlo, decise di dedicarsi ad un progetto davvero molto ambizioso, la cui realizzazione fu molto lunga ed impegnativa, non solo per la tempistica ma anche e soprattutto in termini economici (basta pensare che la cifra totale ammonta a circa 30.000 ducati). Insomma, il sovrano non si accontentava della presenza del fortino, anzi… Pensava proprio in grande! La sua idea era quella di costruire di un vero e proprio porto, con due moli, che furono edificati grazie all’intervento dell’ingegnere S .Carrabba. Fu così che nel febbraio del 1774 iniziarono i lavori, che si protrassero fino al 1780. Il periodo più prospero risale alla Seconda Guerra Mondiale ed agli anni successivi: divenne infatti porto satellitare di quello di Napoli. Un vero e proprio onore, che conferì ancor più importanza alla zona. Nel corso l’area degli anni ha subito varie modifiche a causa delle eruzioni del Vesuvio e più recentemente, a marzo, è stato approvato il piano per la riqualificazione del porto. In seguito all’eruzione del 1631, la lava si estese fino al mare, modificando di gran lunga l’assetto del porto. Si trattava di due veri e propri “fiumi” di lava vulcanica, uno dei quali denominato “fiume di fango”, che un tempo era visibile nei pressi del Bagno della Regina. Il secondo “fiume” confluì verso il Bagno Arturo ed il mare, che videro la nascita della cosiddetta Punta del Fico ed alla “chiana sott’acqua”.

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