Approfondimenti

Un San Girolamo di Ribera di straordinario impatto visivo

Byron, riferendosi a Ribera, affermava perentoriamente che il valenzano dipingeva i suoi quadri intingendo il pennello nel sangue di tutti i santi.

Tra questi il preferito è senza dubbio San Girolamo, ritratto numerose volte, a partire dalla celebre tela(fig. 1) conservata nel museo di Capodimonte, firmata e datata, che presenta i richiami tipici del caravaggismo napoletano e si staglia tra i massimi capolavori del pittore spagnolo i cui virtuosismi raggiunti anticipano quelli che verranno acquisiti definitivamente solo a partire dal terzo decennio del Seicento, ossia nelle opere della piena maturità artistica. I passaggi chiaroscurali sono infatti meno evidenti rispetto alle prime opere del pittore, dove il tenebrismo caravaggesco appariva più definito e accentuato.

La scena ritrae san Girolamo in atto di tradurre la Bibbia sorpreso dall’angelo del Giudizio suonante il corno che appare tra le nuvole in alto a destra della scena, quest’ultimo che si accosta molto alla figura compiuta nella tela di San Matteo e l’angelo del Caravaggio databile al 1602. La scena si compone inoltre anche di tutti gli altri elementi tipici nella rappresentazione iconografica di san Girolamo: quindi del leone, appena visibile nella penombra alle spalle del santo, del teschio e infine della pergamena arrotolata. La luce che illumina l’intera composizione è invece data da un’apertura paesaggistica tra le rocce posta in alto a sinistra della tela.

Vi sono poi molti altri dipinti raffiguranti il santo, alcuni di dubbia autografia, a differenza di un vero e proprio capolavoro(fig. 2), che ho avuto l’onore di ammirare in una collezione privata.

L’opera,(fig. 3) già pubblicata da Spinosa, emette una luce vibrante, che produce un’intensa emozione e presenta una rigorosa attenzione a rendere il dato reale, sia fisico che psicologico, al punto da suggerire una datazione vero la fine del terzo decennio, in prossimità della tela di identica iconografia conservata nella Galleria Doria Pamphilj di Roma, documentata al 1629.

Somiglianti appaiono infatti”gli esiti di un incipiente mpreziosimento delle materie cromatiche, specie per l’intenerimento della resa espressiva, meno severa e più cordialmente comunicante che nei dipinti precedenti, in anticipo sulle soluzioni di nuova intensità visiva e di solare resa pittorica dei valori di umanità sincera e profonda degli anni successivi al 1632 – 33″(Spinosa).

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