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Unicredit, nel nuovo piano fino a 1o mila esuberi. Il sindacato: «Vergogna, faremo a cazzotti»

Unicredit sta considerando di tagliare fino a 10 mila posti e di ridurre fino al 10% i costi operativi nell’ambito del nuovo piano strategico che verrà presentato a dicembre. Lo scrive Bloomberg citando fonti anonime, informate dei fatti. Sui tagli i numeri sono ancora in fase di revisione, ma i portavoce del gruppo declinano commenti nel merito. Durissimo invece il commento rilasciato all’Ansa da Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato più rappresentativo in ambito bancario: «Messaggio a Jean Pierre Mustier, ceo di Unicredit: se queste indiscrezioni fossero confermate stavolta si fa a cazzotti e se serve useremo altro». I licenziamenti coinvolgeranno principalmente il personale in Italia, dove la compagnia ha il maggior numero di dipendenti, ma anche altri paesi, hanno spiegato le fonti sentite da Bloomberg. Secondo Bloomberg UniCredit si unisce ad altre grandi banche europee che tagliano i costi e riducono il numero di posti di lavoro mentre cercano di adattarsi a bassi tassi di interesse che rendono più difficile per gli istituti di credito aumentare le entrate. Deutsche Bank ha in programma di tagliare 18.000 posizioni in una radicale revisione, mentre Société Générale ad aprile ha annunciato piani per ridurre 1.600 posti di lavoro a livello globale e uscire dalle attività ad alta intensità di capitale.

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Come anticipato poc’anzi non è  mancata la risposta del sindacato che ha protestato a “voce alta”  «Messaggio a Jean Pierre Mustier, ceo di Unicredit: se queste indiscrezioni fossero confermate stavolta si fa a cazzotti e se serve useremo altro». È il duro commento rilasciato da Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato più rappresentativo in ambito bancario: «Se fosse vero sarebbe una vergogna, siamo pronti alla mobilitazione. Manovre di questo tipo sono operazioni di sciacallaggio, tutte a danno del personale, di una banca che pretende di fare affari in Italia senza tener conto del contesto sociale del Paese», aggiunge poi in una nota Sileoni.

Il primo punto del piano industriale annunciato per dicembre da Jean Pierre Mustier era la vendita di Fineco, che è già avvenuta, in 60 giorni contro i 120 annunciati: portando in cassa 2,1 miliardi di euro cash, Unicredit ha venduto in due tranche tutta la propria partecipazione. Il fine, annunciato, è quello di essere pronti a resistere in caso sul mercato soffiassero venti contrari: quindi un innalzamento dei requisiti di capitale per dare maggiore solidità alla banca. Questa misura, andrebbe poi a completarsi con il ridisegno, allo studio, delle partecipate estere che finirebbero tutte e tredici sotto un unico ombrello, una sub holding, basata in Germania e interamente controllata da Piazza Gae Aulenti. La sub holding offrirebbe il vantaggio di una maggiore razionalità e anche di una compressione dei costi di provvista, almeno per le esigenze di una parte di quei mercati. Inoltre, Mustier punta a ridurre in maniera sensibile il portafoglio di titoli di Stato, non rinnovando a scadenza buona parte del debito pubblico italiano, soprattutto Btp. E, infine, conta di arrivare alla fine dell’anno con uno stock di Non performing loans, ovvero di prestiti ammalorati, nell’ordine dei 10 miliardi di euro, contro i 14,9 miliardi di questo momento. Al riguardo, Unicredit sta lavorando alla cessione a un operatore specializzato di un portafoglio di circa 5 miliardi di euro nominali di Npl.

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