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Zaky resta in carcere: “Mi hanno picchiato, ma non ho fatto nulla”

“Mi hanno tenuto bendato per 12 ore. Mi hanno picchiato in viso. Mi hanno fatto spogliare e mi hanno chiesto della mia ong e di alcuni post su Facebook, ma io non ho fatto nulla”. Così si è difeso, durante l’udienza di sabato a Mansura, Patrick George Zaky, lo studente egiziano dell’Università di Bologna arrestato a Il Cairo per propaganda sovversiva. E quando i giornalisti italiani in aula gli chiedono “come stai?”, risponde: “Tutto bene”.

Ma così bene probabilmente non va: secondo l’inviata di Repubblica, prima di essere riportato in cella al termine dell’udienza il giovane è riuscito ancora a dire che “mi tengono in un posto terribile: una cella con 35 detenuti e un solo bagno. Un grande stanzone con una porta piccolissima”. E a niente servono gli interventi degli avvocati, secondo cui lo studente “è stato fermato sulla base di prove false, di post pubblicati su un account Facebook che non appartiene a lui. Ed è stato picchiato, bendato, interrogato per ore senza un legale”.

Al termine dell’udienza lampo, il giudice ha deciso che Zaky deve restare in cella. “Fisicamente sta bene, ma è spaventato”, ha raccontato l’avvocato Houda Nasrallah. Comunque “sta molto meglio rispetto a giovedì”, quando ha ricevuto la visita dei parenti, ha detto Gasser Abed El Razek, il direttore esecutivo dell’organizzazione non-governativa “Eipr” per cui lavora Patrick.

I legali hanno ripercorso davanti al giudice la dinamica dell’arresto confermando che è iniziato con un illegale e prolungato sequestro da parte delle forze di sicurezza. E poi hanno sottolineato la tortura, perpetrata anche con la bendatura degli occhi per 12 ore e l’umiliazione del denudamento.. E poi, al termine dell’udienza, hanno ammesso che “c’è delusione” dato che “avevamo sperato” in una scarcerazione proprio grazie alla presenza di giornalisti e “diplomatici, italiani inclusi”.

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