Economia e Welfare

Disoccupazione giovanile, il paradosso degli stage

La disoccupazione giovanile in Italia è alle stelle, il 43% dei giovani italiani è senza lavoro. Un dato allarmante, che in questo determinato periodo storico, alimenta l’ansia di una popolazione, che non vede una via d’uscita per il proprio futuro. Sono sempre di più i ragazzi, che zaino in spalla, lasciano il nostro paese, alla ricerca di una qualsiasi occupazione all’estero. Capita che anche giovani laureati abbandonano la speranza di trovare il lavoro desiderato, speranza che gli aveva spinti a iniziare il loro percorso di studi, e nonostante il desiderio di affermare le proprie ambizioni sia altissimo, decidono di lasciare il loro paese, per costruire il proprio futuro altrove. E intanto il nostro governo annaspa per trovare una soluzione a questo enorme problema, il progetto denominato “Garanzia Giovani”, nato durante il Governo Letta e perpetuato da Renzi, non sta ottenendo il successo sperato, la domanda supera di gran lunga l’offerta. L’alto tasso di disoccupazione giovanile in Italia è un dato che preoccupa anche l’Unione Europea, che continua a sollecitare il governo perché intervenga ancora sulla questione dell’occupazione.

Il ruolo dello stage, in quest’ambito, merita un discorso a parte. La ricerca di quella che un tempo era chiamata “gavetta”e che oggi è meglio noto come stage, è diventata problematica quasi quanto il trovare un lavoro. L’idea di poter fare un periodo di pratica in un’azienda, uno studio o un ente per apprendere gli strumenti necessari per un’assunzione futura, è diventata quasi un’utopia. I cosiddetti neolaureati si trovano subito a dover fare i conti con un mondo del lavoro che non vuole tutelarli o guidarli in una crescita professionale, ma semplicemente sfruttarli. E’questa la triste realtà che vive la maggior parte dei laureati italiani. La conferma della legge 90/2012, approvata lo scorso luglio, che prevede un minimo di rimborso spese di quattrocento euro per gli stagisti, avrebbe dovuto arginare il problema dello “stage infinito non retribuito”. Problema che moltissimi ragazzi, dopo aver completato gli studi, hanno vissuto, saltando da uno stage all’altro, aspettando il miracolo di un contratto. E invece allo “stage infinito non retribuito”, sì è contrapposta una nuova complicazione, ora che per i giovani laureati è prevista una minima retribuzione, molte aziende, studi, enti o agenzie non vogliono accogliere “neodottori”, perché impossibilitati, visto il periodo di crisi, a sostenerne i costi. “Perché prendere un giovane laureato e pagarlo quando posso avere un laureando gratis?”, così le imprese decidono di ospitare a costo zero, studenti universitari, che hanno la stessa smania di entrare nel mondo del lavoro e la stessa voglia di mettere in pratica ciò che hanno appreso.

Altra difficoltà che vivono gli aspiranti stagisti è il criterio di selezione con il quale dovrebbero essere scelti. Il paradosso è che anche per sostenere uno stage si richiede “l’esperienza pregressa”, esperienza che si presume si crei con lo stesso periodo di praticantato. Lo stage, quindi, appare come un circolo vizioso dal quale è difficile uscire, è necessario farlo per conoscere gli strumenti di un futuro lavoro, è sempre più difficile ottenerlo, perché non ci sono molti enti disposti a pagarti e qualora ci fossero pretendono anche che tu abbia già qualche esperienza nel settore.

E allora perché non cercare da subito un lavoro? Inutile dirlo, è ancora più difficile trovarlo, quasi impossibile. In un periodo, come quello attuale, dove la crisi economica fa da protagonista indiscussa, in cui la disoccupazione giovanile è ai massimi storici, se per uno stage è richiesta esperienza, per un lavoro come minimo devi aver fatto prima il Presidente del Consiglio.

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