Economia e Welfare

IL LUNGO WEEKEND DI TRATTATIVE PER LA GRECIA

Ancora non si era chiuso il referendum che la Grecia aveva già fatto sapere di avere pronta sul tavolo la sua controproposta. In sostanza, quello che Alexis Tsipras ha richiesto ai suoi interlocutori internazionali è un nuovo piano di riforme (il cui valore si aggira intorno ai 74 miliardi di euro), che prevede l’impegno a raggiungere un avanzo primario dell’1% nel 2015 e del 2% nel 2016, l’aumento delle tasse per le società e per gli armatori, la graduale riduzione dei benefici Ekas per i pensionati entro il 2019, l’aumento immediato della tassa sul lusso e sulla pubblicità in tv e di portare l’Iva al 23% per i ristoranti e al 13% per gli alberghi, nonché una radicale ristrutturazione del sistema bancario, che rappresenta uno dei punti più spinosi della crisi greca. È probabile, infatti, che alcune grandi banche siano costrette a fondersi tra loro, e che delle quattro principali istituzioni bancarie possano rimanerne solo due.

Non c’è dubbio che questo sarà un altro weekend di fuoco per la Grecia, e nulla toglie che, se le trattative si prolungheranno, potrebbero essercene altri ancora. Già nella giornata di sabato gli statisti dell’eurozona si sono incontrati senza raggiungere un accordo. Il problema della nazione ellenica è riuscire a riacquistare credibilità al momento, per guadagnarsi nuovamente la fiducia dei creditori internazionali. E non è neanche detto che sia soltanto l’austera Germania ad essere scettica e inflessibile. C’è la Finlandia, per esempio, il cui parlamento, stando alle news delle ultime ore, ha negato l’autorizzazione ad approvare un terzo piano di salvataggio per la Grecia. Poi c’è il Portogallo, che pure avrebbe sbottato alle richieste di Tsipras, e ancora l’Olanda, l’Austria, il Belgio, l’Irlanda, insomma, non tutti sono più ben disposti a venire incontro ad un Paese insolvente e debitore.

Il fatto è che, mentre la vittoria di Alexis Tsipras allo scorso referendum veniva salutata da molti come un trionfo della democrazia, non è piaciuta altrettanto ai ministri europei: il premier greco ha creduto di potersi servire del voto popolare per farsi forza di fronte all’Eurogruppo, ma non ha calcolato che, magari, stavolta è l’Europa a non voler più sentire ragioni. In molti guardano alla Germania come ad una sorta di maestrina severa con tanto di bacchetta pronta a colpire le mani di chi non riga dritto, ma la verità è che questa Germania, con Angela Merkel in testa, è stata molto meno intransigente di quanto si pensi. Nessuno tra i maggiori rappresentanti della politica europea vuole che l’Europa fallisca, e se la Grecia resta dietro, è chiaro che un pezzetto d’Europa se ne va. Intanto, però, bisogna pur fare i conti col ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaueble, col proprio partito, con buona parte dell’opinione pubblica. Tsipras ha rifiutato il piano di aiuti offertogli dall’Europa, per poi arrivare a Bruxelles con delle richieste ancora maggiori. Senza contare che la sua controproposta ha lasciato quasi inalterato il piano di Juncker. L’idea di Tsipras è stata quella di escogitare un modo per salvaguardare la sua faccia di fronte alla popolazione della Grecia. Non ha considerato, però, che potrebbe essere la popolazione del resto d’Europa a voltargli le spalle adesso, a lui e ad un Paese che ha truccato i conti per entrare nell’euro, non ha saputo controllare l’evasione e varare una buona riforma sulle tasse e sulle pensioni.

 

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