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REFERENDUM NO TRIV, CHI LO VUOLE E CHI NO

Fino a pochi giorni fa del referendum del 17 aprile quasi non se ne parlava, mentre adesso pare che tutti abbiano una posizione. La cosa più difficile da farsi, in questo momento, è districarsi tra i pareri favorevoli e quelli contrari, tra chi sostiene il NO e chi invece è per il SÌ. Va da sé, infatti, che ognuno tenti di tirare acqua al suo mulino, con l’indesiderabile conseguenza che ad ascoltare l’una e l’altra campana si rischia di non capire più da che parte stia la verità.

PER COSA SI VOTA: Procediamo con calma. Il referendum promosso dai consigli regionali di Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, e Veneto chiede a noi italiani che cosa vogliamo farne delle trivelle che operano entro le 12 miglia dalla costa. La legge italiana non consente attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi gassosi o liquidi entro le 12 miglia, il che significa che siamo chiamati a decidere soltanto su quelle attività petrolifere già in atto grazie a speciali concessioni, ventuno in tutto. Ecco, il nostro voto determinerà se queste concessioni dovranno essere rinnovate o sospese, ed è qui che comincia la confusione.

A votare per il SÌ, e quindi per la sospensione delle concessioni e la fine delle trivellazioni entro le 12 miglia, sono non soltanto le associazioni ambientaliste, come le ben note Greenpeace e Legambiente, ma anche una buona fetta della politica italiana, con il Movimento 5 Stelle e SEL in prima linea, ma anche Italia dei Valori, una piccola parte del PD, ed esponenti delle forze di destra come Lega Nord e Forza Italia. A votare per il NO, perché quelle trivelle restino operative, c’è il comitato Ottimisti e razionali che raccoglie firme provenienti da Nomisma Energia e da Amici della Terra. Chi sostiene che le trivellazioni abbiamo un impatto ambientale non indifferente e chi invece che non provochino danni, chi afferma che quegli stabilimenti provvedano a una parte irrilevante del fabbisogno energetico nazionale e chi invece che non siano indispensabili. Anche se i dati riferiti dagli Ottimisti e razionali sembrano comunque poco convincenti, soprattutto quando tentano di persuadere che rimuovere le trivelle sia più pericoloso per l’ambiente che tenerle lì dove stanno.

LA POSIZIONE DEL PD: E in mezzo a tutto questo c’è il PD. Dal momento che la questione è seria, il Partito Democratico ha pensato bene di alleggerire i toni della discussione, provocando qualche sana risata. In una nota firmata congiuntamente dai vicesegretari Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani, si dice senza giri di parole che il referendum porterà soltanto a uno spreco di soldi pubblici e a un’ondata di licenziamenti. Non dicono, però, che se dovesse vincere il SÌ le piattaforme non verranno chiuse immediatamente, ma rimarranno attive fino allo scadere della concessione, com’è anche normale che sia in fondo, visto che per legge entro le 12 miglia le trivellazioni non dovrebbero essere effettuate. Che poi gli operai vengano licenziati senza poter essere, per esempio, ricollocati altrove non si sa chi l’abbia deciso. Per giunta, se queste trivelle dovessero apportare dei considerevoli danni all’ambiente circostante, come gli ambientalisti temono, non potrebbero esserci ugualmente ripercussioni sul settore turistico con altrettanti licenziamenti?

Ma queste sono solo ipotesi. Da questo punto di vista, era più concreta la possibilità di accorpare le votazioni del referendum con quelle delle amministrative, laddove sono previste quest’anno. Avremmo risparmiato un bel po’ di quei 300 milioni di euro che tengono a ricordarci Guerini e Serracchiani. E pensare che esisteva anche una proposta di legge in merito, e poi non se n’è fatto niente. Di chi è la colpa degli sprechi? Non è, forse, anche un po’ del PD a questo punto?

Quel che più sorprende è ritrovare Debora Serracchiani a sostenere una politica di trivellazioni quando fino a pochi anni fa era pronta a difendere l’Adriatico dai rischi che ne derivavano. La stessa Serracchiani che nei primi anni di vita del suo partito era molto critica verso gli organi dirigenti, e da quando è diventata vicesegretario e Presidente del Friuli-Venezia Giulia pare non avere più una sua voce critica.

Sorprende, e delude anche, che proprio il PD inviti ad astenersi dal votare al referendum. Il PD delle primarie, quello che ha detto a noi cittadini che potevamo sceglierci da noi i nostri candidati, e adesso ci dice che quando (una volta tanto) possiamo – e dobbiamo, aggiungeremmo – scegliere con coscienza da soli, in prima persona, senza intermediari, attraverso il più grande strumento di consultazione democratica, facciamo meglio a starcene a casa. Come se la questione non ci riguardi, come se non potessimo comunque votare contro. No, per il PD è meglio se la nostra opinione non la esprimiamo affatto.

Fate una cosa, prima di andare a votare informatevi, scegliete con cura da che parte schierarvi, ma andate. Non fate che sia sempre qualcun altro a decidere per noi.

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