Cultura

Nozze gay: la circolare di Alfano ha risollevato il problema

Ognuno ha il diritto di pensarla e “sentire” la questione dei matrimoni omosessuali a modo suo, in base alle proprie convinzioni e ideologie politiche, in base alla fede e al credo religioso che professa. Allo stesso modo, ognuno ha il diritto di vivere la sessualità in base al proprio orientamento. Nel mezzo c’è uno Stato che ha il dovere di garantire a tutti i suoi cittadini il pieno godimento dei diritti civili, non perché lo decida l’Europa o un’altra entità sovrana, ma perché questa che appare come un’ovvietà è presente nella nostra Carta costituzionale al pari del riconoscimento della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.

Ha sollevato un polverone la circolare del ministro dell’Interno Angelino Alfano in cui si avvisano i prefetti che “le direttive che sono state date con provvedimenti dei sindaci, che prescrivono agli ufficiali di stato civile di provvedere alla trascrizione dei matrimoni celebrati all’estero tra persone dello stesso sesso, non sono conformi alle leggi italiane. Non è possibile che ci si sposi tra persone dello stesso sesso, quindi se ci si sposa tra persone dello stesso sesso, quei matrimoni non possono essere trascritti nei registri dello stato civile italiano, per il semplice motivo che non è consentito dalla legge”.

Quella che da parte delle associazioni Lgbt e di diversi sindaci, con il torinese Fassino in testa in qualità di presidente Anci, è stata letta come un segnale di chiusura sulle unioni same-sex da parte di uno dei partiti di Governo, e come un’ingerenza da parte del Viminale su questioni di competenza degli enti locali, è in realtà una buona occasione per riportare all’attenzione del Parlamento un tema che fa discutere da anni senza mai arrivare a un quadro normativo definitivo e certo.

E allora la circolare del Viminale ha avuto il merito paradossalmente di far balzare all’occhio alcuni evidenti limiti della situazione italiana allo stato attuale. Il punto è che i matrimoni omosessuali, seppure celebrati all’estero, non sono idonei a produrre effetti giuridici in Italia, quindi i coniugi “non assumono i diritti e i doveri (come l’obbligo di fedeltà, di coabitazione, di assistenza materiale e spirituale, art. 143 cod. civ.) tipici del rapporto coniugale. Per l’ordinamento italiano sono coppie di fatto, al pari di quelle eterosessuali che decidono di non sposarsi”, ha spiegato su Panorama l’avvocato Stefano Cherti, professore di Diritto Privato dell’Università di Cassino. Secondo questa lettura Alfano non avrebbe sbagliato né assunto una posizione omofoba: il ministro ha solo ricordato ai sindaci che la legge nazionale sulla materia è carente e pertanto i Comuni non possono provvedere autonomamente. Allo stesso tempo, la Rete Lenford ha sottolineato che “la trascrizione nel registro dello stato civile ha valore di pubblicità e certificativo, e cioè serve a far conoscere a terzi il fatto che quella persona è coniugata, e serve per ottenere il certificato dal Comune nel quale si attesta l’avvenuto matrimonio. Che però rimane valido soltanto nei Paesi dove le nozze gay sono riconosciute”. Insomma, serve a evitare casi di bigamia: infatti, non risultando sposati in Italia, si configura la possibilità di un matrimonio eterosessuale nel nostro Paese per soggetti già sposati con persone del loro stesso sesso all’estero. Iniziare a fare chiarezza su questo, potrebbe essere un punto di partenza per colmare questo vuoto normativo. Con la Chiesa Cattolica formato Papa Francesco disposta – come annunciato nel corso del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia – a calarsi “nel profondo di queste situazioni difficili per accogliere tutti coloro che vi sono coinvolti e per far sì che la Chiesa sia la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa”, non sarà che i tempi siano davvero maturi per una riflessione politica seria e libera da ingerenze ecclesiali?

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