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Grillo, Farage e la coalizione in Europa che non sta in piedi

Volevano far fuori l’Unione Europea, e invece l’Europa ha liquidato loro. È quel che è successo pochi giorni fa all’eurogruppo di Beppe Grillo e Nigel Farage, l’EFDD, dal momento in cui la deputata lettone Iveta Grigule gli ha voltato le spalle, facendogli così mancare la settima nazionalità di cui la coalizione aveva bisogno per sopravvivere. Commenti sono volati da una parte e dall’altra, tutti poco lusinghieri, come è possibile immaginare, con Nigel Farage che afferma senza mezzi toni che Martin Schulz sarebbe più adatto a fare il presidente di una repubblica delle banane, il capogruppo dell’S&D Gianni Pittella che bolla le sue dichiarazioni come infantili, e via discorrendo. Alla base del rancore di Farage e compagni, ci sarebbe il sospetto che la Grigule abbia ricevuto pressioni dalle fazioni avversarie per farle lasciare il suo gruppo. Come ricompensa le avrebbero promesso la carica di presidente della delegazione europea in Kazakhistan.

Ad osservare tutta la faccenda, in realtà, per quanto ci si sforzi di comprenderla e di analizzarla, c’è qualcosa che sembra sfuggire. Un dubbio che ti assale. Anzi, più di uno. Il primo dei quali riguarda proprio Iveta Grigule. Innanzitutto, cosa c’entrasse lei, rappresentante dell’Unione dei Verdi e dei Contadini, con uno come Farage che ha notoriamente detto no all’energia solare e non vuole nemmeno sentir pronunciare le parole “ecologico” e “ambientalista”, non se lo spiega nessuno. Difficile comprendere anche i motivi dell’unione tra l’Ukip e i 5 Stelle, considerate le differenze tra i due schieramenti politici. La stessa base del partito pentastellato rimase di stucco quando fu consolidata l’alleanza, viste le posizioni tendenzialmente favorevoli alle unioni civili omosessuali e alla green economy del movimento di Grillo. Insomma, tutto il contrario dei loro compagni britannici. Una spiegazione, qui, ci sarebbe. Ovvero: i deputati grillini in Europa hanno stretto la mano agli indipendentisti inglesi in virtù di un generale euroscetticismo condiviso, ma soprattutto perché nessun altro li aveva voluti. E a quel punto, meglio schierarsi col primo che capita piuttosto che rimanere da soli e senza voce in capitolo.

Altra faccenda, altro sospetto: la teoria del complotto per far crollare l’EFDD, non trova conferma da nessuna parte. Che sarebbe a dire, Farage e i suoi sostengono di essere stati boicottati, ma dall’altra parte arrivano solo smentite. Eppure, il fatto che Iveta Grigule sia davvero stata nominata a capo della delegazione un istante dopo la sua defezione, qualche sospetto può farlo venire. La versione che convince di più è quella secondo la quale la politica originaria di Riga avrebbe abbandonato il gruppo perché in disaccordo con le posizioni pro-Russia a proposito del conflitto con l’Ucraina. Resta comunque da sottolineare che fino a quel momento nessun membro dell’EFDD era riuscito ad avere uno straccio di seggio in un organismo dirigente al Parlamento europeo. Rimanendo così l’unico gruppo a non avere nessun ruolo di rilievo, nessun deputato con un titolo istituzionale di primo piano. Ma questo, probabilmente, è l’unico punto più facile da spiegare. L’EFDD è palesemente critico e ostile nei confronti dell’Unione Europea, diventando l’eurogruppo col maggior numero di contraddizioni al suo interno: non soltanto per le alleanze che non poggiano su basi sicure, ma anche perché, a sentir parlare loro, i politici dell’Ukip sono entrati in Europa per far uscire fuori la Gran Bretagna. Ragionamento contorto. E neanche Grillo riesce tanto a sopportare la moneta comune. È normale che al Parlamento cerchino di tenerli fuori se pensano solo a fare la pars destruens piuttosto che collaborare. Non è normale, però, che coloro che non credono nell’Europa facciano di tutto per far parte delle sue istituzioni, e che si arrabbino come non mai quando vengono effettivamente lasciati in disparte.

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