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Afghanistan, ancora una protesta da parte delle donne contro il regime talebano

Kabul, ancora una volta a prendere l’iniziativa sono le donne, in un ambiente sempre più arido, la protesta da settimane prende il posto della paura, delle imposizioni che il regime talebano ormai sta pian piano aprendo come un ventaglio la cui pavese man mano che si spiega lascia intravedere un nuovo dettaglio, anche se ormai sembra più che chiara la volontà del regime talebano.

Numerose donne afghane hanno sfidato il regime dei talebani, inscenando una manifestazione di protesta a Kabul per chiedere «pane, lavoro e libertà». E chiedendo il diritto all’istruzione femminile.

Fonti locali, hanno accertato che le manifestanti hanno scandito a gran voce, molte col volto coperto, come imposto dalle recenti disposizioni dei fondamentalisti, tornati al potere lo scorso agosto: «L’istruzione è un diritto riaprite le scuole». Le manifestanti hanno marciato per alcune centinaia di metri prima di disperdersi. Miliziani talebani in abiti civili hanno sequestrato loro i telefonini per impedire di riprendere la protesta. Nei commenti a Khaama Press, le manifestanti hanno accusato i talebani di imporre restrizioni alle donne e interferire negli affari privati del popolo, invece di concentrarsi sulla risoluzione dei problemi del Paese.

Tra le varie imposizioni, i talebani hanno stabilito che le donne che lavorano nelle istituzioni saranno licenziate se non rispettano il nuovo “codice di abbigliamento”, e gli stessi dipendenti uomini rischiano il posto di lavoro se le mogli o le figlie non obbediranno. Inoltre, alle donne è vietato viaggiare senza un “tutore” maschio vicino.

La Dottoressa Tiziana Boccone esperta islamistica, in una nota: «La parola “Burqa” è l’arabizzazione del persiano “Parda” che significa “tendina”, così come pure il suo sinonimo “Hijab”. Esso rappresenta per le donne di fede Islamica lo strumento con il quale mostrare liberamente il proprio rispetto verso il compagno e l’integrità morale acquisita in famiglia. Nel corso della storia vari sono stati gli esempi di grande libertà di professione di fede; tra questi lo stesso Iran pre-Khomeini, nel quale le donne erano libere di frequentare università, guidare, fumare in pubblico o addirittura indossare minigonne mozzafiato. Con l’inasprirsi della guerra fredda e la sempre più nitida ripartizione del globo in 2 blocchi separati, quelli che un tempo erano segni di rispetto verso la propria religione  e testimonianza di libero arbitrio sono oggi diventati  simboli di eclissi  della donna in vari paesi del mondo. Ne è la chiara riprova la drastica inversione di marcia del neo governo neo-talebano in seguito alla chiusura della missione di peacekeeping in Afghanistan lo scorso anno dopo circa 20 anni di presenza sul territorio. Dopo l’ultima imposizione del burqa in pubblico, numerose sono state le proteste delle donne afghane di ogni fascia di età e ceto sociale, in particolar modo di quelle che, riprendendo le dinamiche tradizionali della società ancestrale afghana avevano lentamente ripreso tutte quelle attività che caratterizzavano la microeconomia locale. Risulta chiaro dunque che il gesto del governo talebano di reintrodurre il burqa è un mero atto di forza, un mostrare i denti al mondo occidentale che nulla ha a che fare con la spiritualità Islamica. Da sempre le donne della società Islamica, quella sana e ed aperta al dialogo interreligioso ha condannato e condannerà tali mistificazioni e continua a resistere  incentivando lo sviluppo della micro economia, tipica di molti paesi soprattutto dell’Africa subsahariana, e della crescita personale ed intellettuale dei propri membri».

Ora che più che mai deve essere ancorata forte la speranza di questo popolo che ha bisogno di tanta fiducia, di tessere una tela pacifica e lungimiranza nel tempo, affiche le donne e il popolo afghano possano trovare la strada maestra per una vita che sappia di normalità.

 

A cura di: Raffaele Fattopace

 

 

 

 

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