Cultura

La Prof.ssa Maria Carolina Campone, presenta un particolare libro “Costantino Il fondatore”

Maria Carolina Campone, PhD in Storia e critica dell’Architettura, è Professore Ordinario di Lingue classiche presso la Scuola Militare “Nunziatella” di Napoli. Relatore in numerosi convegni internazionali di Studi e già Professore a contratto presso diverse Università, è membro del Comitato Scientifico di importanti riviste ed ha al suo attivo numerose pubblicazioni su sedi editoriali di prestigio.

Come nasce questo progetto e perché la figura di Costantino è stata cosi interessante al punto da spingerla a scrivere un libro?

La figura di Costantino occupa da sempre un grande rilievo nell’ambito degli studi storici. Soprattutto a partire dalla seconda metà del XIX secolo, la cosiddetta “questione costantiniana” ha coinvolto storici e antichisti, divisi fra quanti ritengono che Costantino sia stato davvero il primo imperatore cristiano e quanti invece credono che si debba ad autori cristiani -come Eusebio e Lattanzio – un’interpretazione in senso religioso del suo operato. L’attenta disamina delle fonti antiche condotta nel libro mira a fare chiarezza su questo punto, dimostrando come, nell’approccio alla storia, specie a quella antica, l’uso corretto dei documenti sia di fondamentale importanza.

La ricerca per la redazione del suo manoscritto è stata interessante ed avvincente da come si apprende dalla lettura del testo, vuole raccontarci come si è svolta?

La bibliografia su Costantino è davvero numericamente impressionante e spesso i diversi autori che hanno affrontato lo studio dell’imperatore sono  in disaccordo fra di loro. Per questo motivo e anche perché il lavoro di uno storico non può basarsi su quanto sostenuto da altri, il punto di partenza sono stati i documenti elaborati fra IV e V secolo, in primis il corpus dei Panegyrici latini, di cui ancora non è stata pubblicata una versione italiana, e la Vita Constantini di Eusebio di Cesarea. La corretta traduzione di alcuni testi encomiastici dedicati all’imperatore –in particolare il panegirico VI/7-  mi ha indotto a verificare i dati archeologici relativi alla presenza di Costantino nelle Gallie e alla presunta ‘visione di Arles’ attraverso la ricerca delle relazioni di scavo delle campagne archeologiche condotte a Grand. Le varie tappe del percorso mi hanno aiutato a capire come, in realtà, gran parte delle pubblicazioni dedicate a Costantino si basi ancora su fraintendimenti testuali o notizie acriticamente accettate.

 

Quale è stata la parte più interessante che le ha permesso di approfondire questo particolare personaggio  che ha data origine all’Impero in chiave Cristiana?

Sicuramente l’importanza attribuita a sogni e visioni costituisce una prova importante della capacità di Costantino di utilizzare strategicamente le tradizioni cultuali romane. La ‘visione del ponte Milvio’ ne è la prova: Costantino, prima dello scontro decisivo con Massenzio, si trovò probabilmente di fronte a un quadro astrale sfavorevole, il che, considerando l’importanza attribuita dagli antichi ai segni celesti, avrebbe dovuto significare per lui la sconfitta. Invece, con una notevole dose di astuzia, riuscì a ribaltare il senso dei presagi apparsigli e, col sostegno degli storici a lui vicini, consegnò ai posteri un racconto di cui è ancora traccia in una serie innumerevole di opere d’arte.

La stessa capacità di utilizzare dati ed elementi a volte sfavorevoli -o apparentemente alieni dalle sue scelte- dimostrò nel fondare Costantinopoli, città in cui simboli pagani e cristiani si fondono in un sincretismo davvero moderno, di cui non sempre i critici hanno colto la portata innovativa.

Uno stesso versatile atteggiamento si coglie nell’Arco a lui dedicato dal Senato, compendio strategicamente insuperabile di una politica ancorata alla tradizione, eppure  decisamente proiettata nel futuro.

 

A cura di: Raffaele Fattopace

 

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