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CASO AZZOLLINI, NCD COMPATTO, MA IL PD?

Le principali testate giornalistiche italiane nelle ultime ore si sono occupate di Antonio Azzollini e del voto del Senato che avrebbe deciso per il suo arresto. Ce n’è una, in particolare, che per l’articolo sull’argomento ha scelto un titolo che suggerisce un’immagine un po’ forte, inequivocabile, e che riprende una nota espressione scaturita proprio dalla bocca del senatore. Una frase uscita fuori nel bel mezzo delle indagini sulla bancarotta fraudolenta dell’ospedale psichiatrico Casa Divina Provvidenza a Bisceglie, dove il nostro Azzolini ci avrebbe messo lo zampino. Per rinfrescarvi la memoria, riassumiamo: Antonio Azzollini, classe 1953, membro del Senato italiano prima con Forza Italia, poi il Popolo delle Libertà, e infine col Nuovo Centrodestra, nonché Presidente della 5ª Commissione Bilancio del Senato quasi ininterrottamente dal 2001 all’8 luglio 2015, e per di più anche sindaco di Molfetta. Tutto questo contemporaneamente. I guai per Azzollini sono cominciati quando due anni fa è finito nel registro degli indagati per la truffa da 150 milioni di euro legata alla costruzione, mai ultimata, del porto di Molfetta. Poi ci si è messa pure questa vicenda della casa di cura, dove il senatore pugliese spadroneggiava assumendo chi gli pareva e accordandogli stipendi da capogiro, stando a quanto è emerso dalle indagini. È per questa vicenda qui che i magistrati di Trani avevano chiesto gli arresti domiciliari di Azzollini, richiesta che è dovuta passare prima per Palazzo Madama. E il Senato ha deciso di respingerla, con 189 no, 96 si e 17 astenuti, al che tutti si sono accorti che qualcosa non quadra nel PD.

 

Che NCD avrebbe votato per tutelare una delle figure di spicco della propria fazione, era prevedibile, forse ingiusto ma comunque fin qui nulla di strano. A sollevare dubbi e riflessioni è stato il cambio di rotta inaspettato del PD. Alla vigilia del primo voto in Senato sul caso Azzollini, Matteo Orfini, presidente del Partito Democratico, disse che sarebbe stato inevitabile votar a favore dell’arresto. Poi fu la Giunta delle immunità parlamentari, in un giorno non lontano di giugno, a dire che sì, il senatore poteva essere arrestato, coi voti favorevoli del PD. Poi arriva il voto definitivo, Azzollini è salvo, il suo partito esulta; facendo due conti, però, se tanto ci dà tanto, qualcuno del PD deve per forza aver votato contro l’arresto, altrimenti a 189 voti non ci sarebbero mai arrivati (considerando pure che il M5S non avrebbe mai sostenuto una causa del genere).

 

A scrutinio ultimato, col risultato ormai di pubblico dominio, s’è fatta udire la voce di Debora Serracchiani che diceva che il PD ha sbagliato, che lei avrebbe votato diversamente, etc. etc. non è dato di capire, insomma, da che parte stia il partito della maggioranza. A sentirli parlare erano tutti favorevoli, ma i fatti dicono altro. I fatti dicono che forse il PD temeva troppo una rottura con NCD per poter agire contro uno dei suoi senatori. Oppure hanno semplicemente cambiato opinione in massa, il che è pur sempre possibile, ma al momento tutto ciò che sappiamo conferma l’ipotesi che, più che di un voto di coscienza, si sia trattato di strategia politica. Siccome la speranza è l’ultima a morire, il popolo italiano resterà a sperare che non sia così, e che più di ogni altra cosa Antonio Azzollini non faccia la fine de vari Giulio Camber, Francesco Rutelli o Francantonio Genovese.

 

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