Economia e Welfare

Ciambriello: “Suicidi in carcere, una strage silenziosa”. Una riunione al Prap promossa dal garante campano propone un impegno collegiale per ridurre il rischio suicidario

Si è tenuta nei giorni scorsi presso il Provveditorato campano dell’amministrazione penitenziaria una riunione richiesta dal garante campano dei detenuti Samuele Ciambriello, avente come oggetto la riduzione del rischio suicidario nelle carceri.

Alla riunione, oltre al garante regionale, erano presenti i garanti del comune di Napoli Pietro Ioia, della provincia di Caserta Emanuela Belcuore, della provincia di Avellino Carlo Mele. Fondamentale anche la presenza del provveditore campano Antonio Fullone, della responsabile dell’ufficio trattamento detenuti Assunta Borzacchiello, del responsabile della sanità penitenziaria Giuseppe Nese e delle direzioni delle carceri di Secondigliano, Poggioreale, Salerno, Aversa e Santa Maria Capua Vetere.

Nella sua introduzione il dottor Fullone ha ringraziato il Garante Samuele Ciambriello per aver chiesto questo incontro a più voci, sapendo che l’emergenza covid ha aggravato alcune problematiche all’interno delle carceri, sia per la mancanza di attività e la mancata presenza dei volontari, sia per la riduzione dei colloqui con i familiari e gli avvocati.

Quella dei suicidi è una tragedia che riguarda le carceri di tutta Italia, tuttavia la Campania detiene un triste primato: basti pensare che solo da marzo ad oggi sono già 7 i detenuti che si sono suicidati nelle carceri campane ma, come ha ricordato il Garante Ciambriello, decine di altri tentativi sono stati sventati grazie alla prontezza dell’intervento degli agenti di polizia penitenziaria.

Samuele Ciambriello, nel suo intervento, ha posto l’accento sul tema della prevenzione del rischio suicidario, che non può essere una responsabilità solo di chi si trova nel carcere: “i gesti estremi hanno diverse motivazioni ed è erroneo pensare di individuare dei colpevoli a tutti i costi. Ogni morte di una persona in carcere, ogni forma di autolesionismo, fa sentire responsabile tutti gli operatori penitenziari, compresi i volontari, ma probabilmente le maggiori responsabilità sono da attribuire alla politica, che da alcuni anni ha rimosso la questione delle carceri dalla propria agenda”.

Durante la riunione sono state messe in campo possibili azioni da intraprendere in contrasto a quella che è diventata una piaga che affligge il sistema carcerario. Si è parlato di incrementare i progetti d’istituto e di volontariato, specialmente di pomeriggio e di prevedere la presenza pomeridiana in istituto di almeno un educatore a rotazione e di un commissario di polizia e di incrementare le figure sociali nelle carceri (psicologi, psichiatri, educatori, assistenti sociali, pedagoghi). Come ha ricordato la direttrice di Secondigliano Giulia Russo, il pomeriggio in tutte le carceri rischia di “essere il deserto dei tartari”.

Nei loro interventi i Garanti Ioia e Ciambriello hanno sottolineato l’incremento massiccio nelle carceri di detenuti con patologie psichiatriche, che prima di entrare in carcere erano seguiti dai dipartimenti di salute mentale territoriali e di detenuti tossicodipendenti seguiti dai Sert territoriali. Le situazioni di disagio sono molteplici e necessiterebbero di accurati percorsi terapeutici che spesso in carcere non possono essere garantiti. Intanto aumentano anche le denunce delle famiglie estenuate dalle violenze ed estorsioni dei figli e che decidono purtroppo di ricorrere alla risposta del carcere per i propri figli, consegnando una delega in bianco al sistema.

I garanti hanno dichiarato la propria disponibilità a ricevere segnalazioni provenienti dagli istituti e riguardanti i soggetti che vivono un disagio maggiore o che hanno già tentato di togliersi la vita, in modo da creare anche all’esterno una rete che coinvolga le famiglie e il mondo del volontariato.

Purtroppo i dati dimostrano che i mesi estivi risultano ancora peggiori per i detenuti, che si sentono ancora più soli, dovendo passare più tempo in cella per questioni di carattere organizzativo e mancanza di personale. I numeri di suicidi continuano a salire, e per ogni persona che decide di togliersi la vita in carcere, il sistema penitenziario dimostra di essere sempre più inadeguato a svolgere quella che è la sua funzione rieducativa e risocializzante. Tutta la comunità è chiamata e riflettere ed agire, prima che sia troppo tardi.

 

A cura di Giusy Santella

 

 

 

 

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