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Civati ad Avellino: «Non faccio un nuovo partito, ma una sinistra di governo»

E’ all’opposizione nel suo stesso partito, per il quale siede tra i banchi della maggioranza a Montecitorio, ed è all’opposizione del Governo, non avendo votato il Jobs Act e «sullo Sblocca Italia, avrei voluto darmi fuoco». Pippo Civati, dopo aver condiviso un pezzo di strada assieme con Matteo Renzi quando il racconto della rottamazione era ancora allo stato di bozza, da mesi non nasconde le sue perplessità sulla gestione del Partito Democratico e sulle politiche del governo. Ma cosa fa? Lascia il PD? Fonda un altro partito? E che partito, con quale spazio vista la voracità del partito della nazione o “comunità” di Renzi?
L’ex consigliere regionale lombardo ne ha parlato ieri sera ad Avellino, dove Sel e un pezzo di PD proveranno nei prossimi quattro mesi a elaborare una proposta programmatica da presentare in Consiglio comunale, da cui emerga un’idea diversa di città. Più cultura, più ambiente, più sport, più inclusività: i quattro temi su cui si confronteranno i tavoli di lavoro del progetto “E’ possibile” che porta ad Avellino l’esperienza dell’omonima assemblea livornese promossa da Civati, provando a mettere insieme due partiti, quello democratico e Sinistra Ecologia e Libertà che, pur collocandosi nella stessa parte dello scacchiere politico, non vivono da alleati ad Avellino come a Roma il percorso di governo della città e del Paese.
«Io non sono uno scissionista, lo sono quelli che propongono certe cose e le fanno votare. Il Jobs Act è un’idea vecchia venti anni, non può passare come modernità. Ad esempio Formigoni si chiedeva su Twitter perché Forza Italia e la Lega non esultano per una riforma che era nel loro programma nel 2002. Nessuno più pronuncia la parola povertà e la Legge di Stabilità inizia dagli 80 euro per chi lavora già. La Legge elettorale invece è a scadenza, una legge in cui i politici si auto-assegnano posti e con alleanze variabili: ti addormenti in un partito di centrosinistra e ti svegli in uno dove c’è un po’ di tutto. Il Pd si è candidato con una coalizione in cui c’era Sel e non possiamo rinunciare a quei valori», ha attaccato Civati.
«Ai compagni e alle compagne “gufi” dico che è il momento di alzarsi: non ci hanno eletto per lo Sblocca Italia o il patto del Nazareno. Nel programma di Bersani c’erano cose che se ora io le cito, passo per sovversivo. Non vogliamo essere minoritari a vita, vogliamo governare riscoprendo i valori della sinistra in un’ottica di modernità, aprendoci a esperienze come quelle di Tsipras e di Podemos. Perché continuiamo invece a proporre programmi passati? Perché proponiamo una sinistra che fa la destra? Non faccio un nuovo partito, ma facciamo una sinistra di governo, poi se serve un pezzo di centro lo scegliamo insieme. A me interessa un’idea di società che abbia alla base un patto per l’inclusione, che muova l’economia e crei le condizioni per il rilancio. Veramente questa politica pensa di poter fare tutto da sola? Di poter rinunciare ai sindacati e al volontario? », l’interrogativo finale del deputato democratico, poi la chiosa: «Magari saremo rieletti insieme con questi compagni».
Della serata anche Nicola Fratoianni, coordinatore nazionale di Sel che ha raccolto le domande di Civati precisando: «La sinistra fa la destra perché ha rinunciato a essere strumento collettivo di governo dei processi e programmazione del futuro. La politica o è questo, o è messa in equilibrio degli interessi particolari e non generali. Politica che non è progetto, che non dà risposte al lavoro. Serve a questo Paese provare a dare una speranza e un’occasione a chi vive questa crisi di rappresentanza, senza fretta e senza semplificazioni. Possiamo tornare a essere protagonisti e un po’ di lavoro possiamo provare a farlo insieme».

Insomma, sembra di capire che se il Premier-segretario va avanti per la sua strada spedito come un treno per cambiare l’Italia, Civati dall’interno del partito prova a contro-bilanciare il renzismo e intestarsi l’onere e l’onore di tenere insieme, nell’elaborazione di proposte prima che di etichette, alcuni pezzi società e di sinistra che il PD, tutto sommato, non può permettersi di perdere mentre ammicca ai moderati e al centro.

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