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CRISI DI GOVERNO: LE DIMESSIONI DI CONTE, LA SITUAZIONE GENERALE

Giuseppe Conte si è dimesso dall’incarico di presidente del Consiglio e adesso si apre la complicata fase politica e costituzionale che si concluderà solamente quando un nuovo presidente del Consiglio e si suoi ministri giureranno nelle mani del presidente della Repubblica.

Le tappe: dopo le dimissioni del premier la parola passa al Quirinale. Mattarella avvia la crisi con un comunicato ufficiale e apre le consultazioni.

 

Conte sale al Quirinale e si dimette

Il primo passo sono appunto le dimissioni. E qui si può cominciare a discutere sul carattere di questa crisi di governo. Ha natura parlamentare o, come è accaduto molto spesso, è di natura extraparlamentare? In effetti Conte si è presentato davanti al Senato, dove ha ottenuto la fiducia e quindi si dovrebbe propendere per la seconda ipotesi. Una crisi nata da contrasti fra i partiti della coalizione di governo che non è stata sancita da un voto di sfiducia.

 

Conte resta in carica per gli affari correnti

Conte, comunicando a voce al capo dello Stato le sue intenzioni innesca il meccanismo che dovrà portare alla soluzione della crisi. Ma il presidente della Repubblica non firma il decreto di accettazione delle dimissioni, che deve essere controfirmato dallo stesso premier, e dunque il governo rimane in carica per il disbrigo degli affari correnti.

 

Un comunicato apre la crisi

Dunque, l’avvio della crisi sarà sancito, come da prassi, da un comunicato del Quirinale. Vedremo cioè il portavoce di Sergio Mattarella, Giovanni Grasso, leggere questo testo nel famoso salone delle Vetrate, aperto per l’occasione a giornalisti e troupe televisive.

 

Il calendario e le consultazioni

A questo punto, il presidente della Repubblica stila un calendario degli incontri e  apre le consultazioni fra i partiti politici. Anzi, secondo una prassi abbastanza recente, fra i gruppi parlamentari. Scelta che rende più veloce l’iter della crisi. Ma nulla impedisce di salire al Quirinale ai leader di partito che non sono parlamentari.

 

Lo show di Berlusconi

Basti ricordare il piccolo show di Berlusconi che scandiva con le dita i punti che, a nome del centrodestra, stava elencando Matteo Salvini. Inoltre, Forza Italia, ha già fatto balenare l’ipotesi di presentarsi all’appuntamento da sola. Mattarella, dunque ascolterà tutti, prenderà nota dei desideri delle forze politiche e in tempi abbastanza rapidi deciderà a chi affidare l’incarico di formare il nuovo governo.

 

Una crisi pilotata

Nel caso di questa crisi, che si vorrebbe “pilotare” verso un Conte ter appoggiato da un nuovo gruppo parlamentare creato da “responsabili” o “costruttori”, il presidente della Repubblica dovrebbe riassegnare a Conte l’incarico di formare un nuovo governo. Gli darebbe un mandato pieno, cioè mirato a fare nascere il governo che le forze politiche hanno descritto al presidente della Repubblica. Come da prassi Conte accetterebbe con riserva.

 

Gli esploratori

Procedimento lineare in caso di accordo politico. Ma se l’accordo non ci fosse e dai partiti non arrivasse un’indicazione chiara su cosa fare, Mattarella può attingere a piene mani nella storia repubblicana per tentare di trovare la soluzione. Per esempio, può ricorrere all’esploratore: in genere è figura di alto profilo istituzionale che cerca di rimettere a posto i cocci provocati dallo scontro politico.

 

La soluzione ponte di Napolitano

Nel 2013, di fronte alla “non vittoria” di Pierluigi Bersani, Giorgio Napolitano innovò la procedura di formazione del governo creando due commissioni con il compito di mettere sulla carta un programma di governo e di riforme istituzionali. Fu quella la base da cui nacque il governo Letta.

 

Nel 2018 esplora la Casellati
 

Gli ultimi incarichi esplorativi  sono stati affidati nel 2018  da Mattarella. Prima a Maria Elisabetta Casellati, quando la presidente del Senato tentò di formare il governo nell’ambito del perimetro del centrodestra. Il presidente della Repubblica diede poi un altro mandato esplorativo al presidente della Camera Roberto Fico per sondare un accordo Pd-M5s. Fallito questo tentativo si virò su un incarico a  Carlo Cottarelli.  Alla fine ritorno sulla scena Conte, dopo un primo fallimento e si trovò un accordo fra la Lega e il Movimento Cinque Stelle che diede vita al governo gialloverde.

 

La Repubblica

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