Officina delle idee

DALLA PREPOTENZA AL REATO

Dall’evento proposto dal Liceo Statale “Niccolò Braucci” hanno preso parola circa l’analisi dei segnali predittivi di atteggiamenti degenerabili figure rilevanti quali prof Claudio Mola, dirigente scolastico del liceo stesso, il prof Filippo Dispensa Commissario straordinario in Caivano, la Dott.ssa Maria Anna Cristiano, psicologa dello sviluppo e dell’educazione e psicoterapeuta familiare e relazionale. Ognuno di loro ha portato avanti il tema/problema attuale della sottile linea tra disagio/ devianza giovanile, mettendo a fuoco gli innumerevoli punti critici derivanti dallo sviluppo giovanile, partendo dalla famiglia d’origine in alcuni casi fino ad arrivare al connubio necessario che dovrebbe esserci tra scuola-famiglia. Rilevare questi aspetti in una società così colma di bullismo, violenza, droghe è solo un primo passo per poter auspicare a un futuro prossimo meno sconcertante. I giovani d’oggi, dalla primissima infanzia all’età giovane-adulta, rilevano mancanze in alcuni ambienti già nei primi sussidi quali: nel primo caso la scuola e nel secondo casa il lavoro, tema focus dell’intervento del Prof. Samuele Ciambriello: Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, il quale si spende totalmente affinché i giovani possano auspicare, al di là della loro condizione, a un futuro ricco di possibilità. Grazie all’intervento del Garante si è potuta rilevare una realtà al confine tra la libertà e la non libertà: il ragazzo bisognoso, non curato preventivamente, potrebbe affacciarsi a realtà ben distanti dalla sana crescita sociale. Il Garante dei detenuti Samuele Ciambriello, riprendendo il discorso riguardante la mancanza in alcuni casi di sussidi scolastici e lavorativi, espone e riporta un esempio lungimirante di un ragazzo, abitante di Forcella, che manifesta un disagio nella mancanza delle scuole di prossimità (asilo- elementari mancanti) e si stupisce di come una volta arrivato a Nisida abbia preso la terza media. Si rileva quindi una discrepanza tra le possibilità scolastiche o lavorative che dovrebbero essere date ad un ragazzo, prevendo disagio scolastico e possibile criminalità, rispetto a ciò che poi effettivamente si fa in alcuni paesi/città, ovvero, spesso, il nulla. Il Garante evidenzia, inoltre, dati statistici che rilevano zone di “emergenza minori” estreme che spesso vengono oscurate dalla negligenza. Da dati concreti, infatti, si rileva, per quanto non se ne parli, Bologna con un tasso elevato di criminalità minorile. L’Italia ha enormi problemi tra bambini stranieri senza famiglia, minori orfani di violenza domestica o abbandono scolastico, bambini vittime di abusi, figli di tossicodipendenti, ci sono 110 mila bambini e in Italia riscontriamo 29 tribunali che si occupano di quest’emergenza infantile. A Milano questo fenomeno si chiama Pendenze burocratiche, si parla di questo atteggiamento Pendente quando ci riferiamo a bambini contesi. A Milano ci sono 12.662 pendenze burocratiche, a Roma 8.368, a Napoli e provincia 5.531, a Bologna 10.106. La domanda che a dati alla mano emerge, con senso di giustizia e preoccupazione, riguarda in modo evidente questi minori vittime di queste pendenze e quindi dimenticati e abbandonati. L’anno scorso in tutta Italia 14.221 minori dai 14 ai 18 anni sono stati portati in questura per reati discreti stabiliti poi in comunità o messi alla prova o in casi estremi nelle 17 carceri esistenti in Italia, di questi 14.221 solo 403 hanno oltrepassato la porta delle 17 carceri, numero quindi contenuto, 900 invece in comunità, del numero restante aggira il vuoto. Oggi sono 60.140 detenuti in Italia, 7.327 solo  in Campania. La scuola ha diritto e dovere di prevenire laddove possibile possibili ed eventuali disagi, affinché possa fare la sua parte per contenere questi numeri in crescenza notevole. Buona parte spetta, infine, anche alla mente dell’italiano medio e della società tutta. Bisogna sdoganare il classico ideale di “Bravo ragazzo” affibbiandolo a un aspetto mite, senza tatuaggi o piercing non considerando, invece, che un aspetto esteriore resta e resterà sempre e solo un aspetto esteriore e che, pertanto, questo banale dogma rischia di offuscare la vista rispetto all’interiorità di un ragazzo che non sempre, ma a volte, potrebbe essere da che apparentemente poco incline al disagio o alla criminalità, in realtà, spaventosamente vicino a questa soglia.

Durante l’evento, altro intervento rivelante è risultato essere, tra i tanti, quello della Dott.ssa Maria Rosaria D’Alesio, nonché psicologa clinica, mediatrice penale e penale minorile- coordinatrice Ufficio Garante Regionale dei diritti dei detenuti. La Dott.ssa ha preso parola esponendo, tramite la sua esperienza nelle carceri, sottolineando l’identità frantumata dei minori data spesso da situazioni di vuoto interiore e di tristezza. Il carcere è la tappa finale di un iter di comportamenti disfunzionali. Ragazzi che hanno consapevolezza quasi nulla delle azioni commesse, aspetto sul quale bisognerebbe intervenire dato che è solo grazie alla consapevolezza che potrebbe smuoversi un’interiorità forse dormiente. La Dott.ssa fa riferimento ad atteggiamenti esasperati che toccano tematiche attuali quali: Bullismo o anche la semplice prepotenza. Si parla di giovani mancanti di una elevata soglia educativa con modelli- esempio sbagliati o sicuramente superficiali come gli influencer. Non esiste, ribadisce ancora, nessun legame tra questi modelli e un’adeguata educazione morale- sociale- affettiva. Dai colloqui con i detenuti emerge oltremodo un altro elemento: la noia, ovvero non sussiste una motivazione sostanziale del reato. A questo proposito riprende il grande filosofo Sartre, il quale esordisce: “Nulla mi appetisce, ma anche tutto mi infastidisce”. Potrebbe, quindi, essere la noia, la poca considerazione delle proprie potenzialità, il poco affetto familiare o lo stesso modello familiare che potrebbe portare un ragazzo a sopraffare sugli altri o a delinquere. Bisognerebbe andare a fondo sulle dinamiche psicologiche del bullo, così come andrebbero proposti progetti mirati anche per la vittima, considerato quest’ultima non per forza come più debole del bullo, ma semplicemente diversa. Accettare la diversità dovrebbe essere il prossimo passo, senza sminuire il sé della vittima. Riscontriamo questa come un’emergenza sociale, pertanto si comprende la necessità di un lavoro di equipe tra scuola-famiglia-società. Conclude l’evento la Prof.ssa Concetta Lambiase. Proponente della campagna di sensibilizzazione Posto Occupato, a favore delle donne vittime di violenza.

 

Geroso Antonella

Potrebbe piacerti...