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DON GIUSEPPE DIANA:”RISALIAMO SUI TETTI E RIANNUNCIAMO PAROLE DI VITA.”

Il 19 marzo, giorno di San Giuseppe, la Campania ricorda il sacrificio di un parroco che per il suo impegno contro la camorra dei Casalesi dette la vita: Don Peppino Diana di Casal di Principe.
Don Peppino Diana era un prete di quelli rari. Coraggioso e ostinato, non ha mai abbassato la testa di fronte a nulla. Peppe con il cuore scout e il vangelo in mano, nel 1991 si fa promotore di un attacco diretto contro i clan di Casal di Principe, la sua terra, sottoscrivendo un documento che resterà una traccia indelebile nella lotta contro il crimine organizzato.“Risaliamo sui tetti e riannunciamo parole di Vita”, è il filo conduttore che sta accompagnando ogni singola manifestazione nell’obiettivo di far memoria e sottolineare l’importanza dell’impegno sociale.
È un parroco di frontiera don Peppe, uno che nella terra di Francesco “Sandokan” Schiavone combatte una guerra impari contro la Camorra. Il giorno del suo onomastico, il 19 marzo 1994, alle 7.30 del mattino un killer entra nella sagrestia della Chiesa di San Nicola a Casal di Principe e lo uccide. A soli 36 anni. Don Peppino fu affrontato da un camorrista e colpito da cinque proiettili: due alla testa, uno al volto, uno alla mano e uno al collo. Perché fu ucciso? Per l’impegno profuso nella lotta all’illegalità e al potere mafioso partendo dai ragazzi e dalle famiglie. Nel corso dei difficili anni successivi il suo vigliacco assassinio svariati furono i tentativi di depistaggio e di infamia ai danni della vittima, accusata di aver suscitato le ire di mariti gelosi o addirittura di aver avuto relazioni pericolose coi clan.Nunzio De Falco, alias ‘o lupo, boss della fazione casalese avversa a Sandokan, fu accusato e condannato come mandante dell’omicidio di don Peppino Diana. Il 4 marzo 2004 la Corte di Cassazione ha condannato all’ergastolo Mario Santoro e Francesco Piacenti come coautori dell’omicidio.

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