Economia e Welfare

“Donne coraggiose”: un evento per promuovere i diritti e i valori dell’universo femminile

Si è tenuto ieri l’evento “Donne coraggiose” presso la biblioteca F. Flora in Via Nicola Nicolini. L’incontro, ideato e organizzato grazie all’iniziativa “Marzo donna 2022”, ha avuto come obiettivo principale la valorizzazione sociale e culturale della donna. Contro ogni tipo di violenza e abusi per promuovere la differenza di genere.

In onore della Giornata Internazionale dei diritti delle donne, si è discusso sul coraggio di madri, figlie e compagne che hanno deciso di denunciare i propri partner dopo aver subito violenza.

Evento organizzato dal “Gruppo Giovani” della parrocchia di San Tarcisio, l’associazione “Asso è… la strada ci insegna” e “Borgo Ponti Rossi”.

Diversi sono stati gli ospiti invitati per il dibattito.

Don Enzo Marzocchi, parroco della chiesa del Santissimo Crocifisso e Santa Rita, al quale è stata posta una domanda riguardo il ruolo della parrocchia per promuovere e valorizzare la figura della donna.

Con la presidente Giuliana di Sarno, un paio di mandati fa, ci fu un bel movimento scolastico. Le ragazze vennero a denunciare le loro difficoltà con i ragazzi gelosi“. Ha dichiarato Don Enzo.

Continuando poi: “Ogni volta che c’è la possibilità di creare interesse su questo argomento, io e i miei collaboratori pastorali, siamo disponibili. Domenica celebreremo il primo anniversario di Ornella. Lo scorso anno organizzammo una serata solo uomini per riflettere insieme sulle donne. Avevamo così il coraggio di metterci a nudo”.

Dobbiamo lavorare affinché vengano sradicati certi modi di fare“. Ha concludo Don Enzo.

Ha partecipato all’evento Fabio Greco, presidente della Municipalità 3 di Napoli. I ragazzi hanno deciso di porgli 3 domande inerenti al tema della donna, della violenza e la valorizzazione culturale dell’universo femminile.

Il Cav è essenziale nel territorio. A Napoli dovrebbero esserci 2-3 sportelli in ogni quartiere. Stiamo cercando di fare rete con le altre istituzioni, scuola e parrocchie. Vorremmo mettere in piedi punti ‘antenna’ dove le donne che vogliono fare segnalazioni hanno possibilità di farlo attraverso un interlocutore che possa starle vicino“. Ha dichiarato il presidente riguardo il problema delle violenze.

Dobbiamo cercare di creare punti di ascolto. In due anni di pandemia, le segnalazioni di violenza sulle donne sono aumentate notevolmente, da 1000 a 10000″.

Ha concluso Greco: “Attraverso le scuole si potrebbero sensibilizzare i bambini fin dai primi anni di età a capire che ‘la donna non è un oggetto’. Possiamo provarci con i più piccoli”.

Paola Romano, volontaria al carcere di Poggioreale, ha letto una meravigliosa testimonianza tratta dal suo ultimo libro. Dal punto di vista delle donne, è descritta la vita in carcere. Difficoltà e tristezza anche dall’altra parte, da coloro che sono dietro le sbarre.

La figura della donna in un carcere maschile è fondamentale perché c’è bisogno della figura materna. Ho più rispetto dentro le mura di Poggioreale che fuori, mentre cammino per strada”. Ha iniziato Paola.

“Mi ha colpito l’invito che ho ricevuto, mi sono chiesta se sono coraggiosa, ma non lo so. Fare questo libro insieme ai ragazzi di Poggioreale è stata un’esperienza coraggiosa”.

Parlando del suo libro, ha affermato: “Pensavo ad una frase mesa in questo libro: ‘Avere coraggio non significa non aver paura, ma andare avanti anche quando si ha paura’. Vi assicuro che le paure ci sono e spesso il pregiudizio ci fa avere paura”.

Ha letto poi una testimonianza, la storia di Veronica, una ragazza che ha il marito agli arresti domiciliari.

È intervenuto Samuele Ciambriello, garante campano dei detenuti, insieme alla sua collaboratrice,  Vanna Di Maro. Presentando il suo ultimo libro “Carcere”, ha esposto il grave problema del sovraffollamento nelle carceri e la necessità di ridare dignità ai carcerati, affinché possano essere rieducati e reinseriti nella società.

Sotto la croce, in maggioranza, c’erano due categorie, le donne e i discepoli più giovani. Noi, purtroppo, anche nella Chiesa, non valorizziamo, dopo 2000 anni, né le donne né i giovani“. Ha iniziato così il garante.

Presentando il suo libro, ha poi affermato: “L’anagramma di ‘carcere’ è ‘cercare’. L’articolo 27 della costituzione ci dice che le pene e il carcere servono a rieducare. Accanto alla certezza della pena, ci deve essere la qualità della pena. Oggi a Poggioreale c’erano 2209 detenuti in celle da 12 persone con un solo bagno, senza doccia. Noi siamo democratici?”

“Pensiamo che il carcere debba essere una risposta come discarica sociale”.

“Le donne di Pozzuoli – ha aggiunto- fino a 3 anni fa, erano 10-12 in una stanza, con un bagno senza bidet. L’indifferenza è un proiettile che uccide lentamente”.

“Lo dico ai giovani: ribellatevi alla viltà di una vita comoda e insignificante“.

“Diceva il beato Livatino, giudice assassinato dalla mafia: ‘Alla fine dei nostri giorni non saremo giudicati se siamo credenti, ma se siamo stati credibili’. Lo dico anche a noi che siamo impegnati in politica. La politica è una delle forme più alte e più nobili, ma più esigenti per costruire il bene comune“. Conclude il garante

Vanna ha risposto alle varie domande dei ragazzi relative alle donne e madri in carcere, spesso con il propri bambini.

Ha iniziato: “Soltanto il 4% della popolazione detentiva sono donne. Questo comporta che il carcere è maschiocentrico, ovvero che le donne vivono una marginalità rispetto agli uomini, sia per quanto riguarda i progetti che il lavoro”.

“Durante lo studio fatto per la mia tesi ho ascoltato diverse donne nella casa circondariale di Pozzuoli. Avevano un’età compresa tra i 30 e i 50 anni. Tra le domande è emersa soprattutto la problematica lavoro. Essendo donne, uscivano dal carcere con il doppio stigma: donne e detenute. Nella mia tesi, mi sono soffermata a capire quali progetti potessero essere fatti una volta che le donne uscivano dal carcere. Il problema girava intorno alle poche risorse della struttura e che queste venivano utilizzate per gli uomini. Gli educatori e pedagogisti mi hanno spinta a seguire dei progetti che potessero insegnar loro un mestiere”.

“Mi batto tanto affinché queste donne, fuori dal carcere, abbiano un futuro e qualcuno che li aspetti: associazioni, assistenti sociali, enti del terzo settore”. Ha concluso Vanna.

Dopo aver salutato i nuovi parroci della zona e pregato per la tremenda guerra in Ucraina, si è chiuso questo incontro.

Il ricordo dei tanti diritti acquisiti dalle donne non deve andare perso, ma fissato nella mente per andare avanti verso un’ uguaglianza di genere. Un grido, non solo femminile, che possa coinvolgere tutta la società per aiutarla a crescere.

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