CARCERI:PIENI POTERI AI COMANDANTI, UN’IDEA CUSTODIALISTICA DELLA PENA. MORTIFICATE LE FUNZIONI DEI DIRETTORI. CHIEDO MODIFICHE.

Schemi di decreti legislativi correttivi del riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate” – E’ una nota del Dipartimento dell’Amminisstrazione penitenziaria n. 0318577 del 22.10.2019 trasmessa all’On. Ministro della Giustiza, alla Segreteria dell’On. Ministro ed alle OOSS rappresentative del corpo di Polizia Penitenziaria . La polizia penitenziaria non deve essere subordinata gerarchicamente al direttore del carcere. E lo stesso comandante di istituto non deve avere un rapporto di subordinazione gerarchica con il direttore.
E’ una ipotesi reale di una riforma che toglie poteri al direttore del carcere per trasferirli al comandante. Mercoledi prossimo si terrà sull’argomento un confronto all’interno della maggioranza di Governo. I direttori hanno espresso le loro perplessità con un documento.
Pur nel rispetto delle legittime aspirazioni a miglioramenti economici e di carriera degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria, la lettura delle misure correttive proposte suscita forti perplessità, se non serie preoccupazioni per il complessivo equilibrio, e quindi tenuta, del sistema penitenziario, con riferimento alle previsioni relative alla carriera dei funzionari.Il presidente di Antigone Patrizio Gonnella parla di “un modello securitario nei decreti legislativi in via di definitiva approvazione. C’è un’idea custodialistica della pena. i decreti sottraggono alla direzione del carcere sia la superiorità gerarchica, sia la decisione finale in ambito disciplinare che di uso delle armi.”
Insomma si ritorna ad un modello di pura custodia,vigilare per redimere, altro che incentivare la speranza. Forse i troppi Commissari presenti al Dap hanno condizionato questo riordino.

In un loro documento i direttori delle carceri sono categorici:”Ebbene, le misure sopra riferite, messe in relazione con l’atto di indirizzo del Ministro recentemente licenziato, ove si definiscono i direttori di istituto (così come del resto tutti gli operatori appartenenti al Comparto Funzioni centrali, quindi educatori, amministrativi, contabili etc.) “PERSONALE ESTRANEO” all’amministrazione penitenziaria, appaiono francamente inquietanti in quanto sintomatiche di una visione del penitenziarioappiattita sui soli aspetti securitari e, in prospettiva, foriera di ulteriori futuri sviluppi in tal senso.” Le pur legittime aspirazioni professionali di chi è parte  del Corpo di polizia penitenziaria non devono stravolgere il senso costituzionale della pena.

Da questo punto di vista si sottolinea il ruolo strategico che riveste il governo del personale, specialmente in una amministrazione, come quella penitenziaria, tendenzialmente chiusa e con una spiccata  impostazione gerarchica, tanto che solo la diversificazione dei livelli di esercizio del potere gestionale  su di esso può contribuire a ridurre il rischio di abusi esercitabili nei confronti dei detenuti, ma anche degli stessi appartenenti al Corpo, laddove vi fosse un unico esclusivo riferimento, è scritto tra le altre cose nel documento dei direttori.
Decreti che di fatto sono il classico “cavallo di Troia” per chiudere la stagione delle riforme, partita nel lontano 1975 e che in grandissima sintesi parla di umanizzazione della pena e di rieducazione e sicurezza garantite dalla figura e dal ruolo del direttore e dell’area educativa. C’è un punto che la dice lunga sul senso di questa nota, ed è a pagina quattro dove si legge testuale: “…previsione che il comandante di reparto infligga la misura della sanzione”.
Un tentativo complessivo  per creare una pericolosa alterazione degli equilibri gestionali, senza, di contro, lasciarne intravedere i vantaggi. Come Garante campano dei detenuti mi lasciano sbalordito queste inquietanti rivoluzioni interne agli Istituti penitenziari, chiaro ritorno a un’idea di carcere chiuso gestito solo dalla polizia, e dove privazioni e sofferenze fisiche sarebbero gli strumenti per favorire il pentimento e la rieducazione del reo. Basta con il torcicollo nelle riforme della Giustizia e nella organizzazione interna delle carceri che rischia di violare i dettami Costituzionali. Spero che il Ministro della Giustizia ed il Governo siano disponibili a modifiche.

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